Recensione il cartaio regia di Dario Argento Italia 2003
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Recensione il cartaio (2003)

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locandina del film IL CARTAIO

Immagine tratta dal film IL CARTAIO

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Immagine tratta dal film IL CARTAIO
 

Uno spietato maniaco rapisce le ragazze ed organizza partite di video-poker con gli agenti della polizia mettendo nelle loro mani le sorti delle povere vittime.

E' questa la trama del nuovo film dell'ormai ex maestro del brivido mondiale. Già, quell'ex fa molto male, perché se la trama può risultare originale e sarebbe lecito aspettarsi dal nostro un grande film, degno dei suoi precedenti capolavori, il film è invece banale, superficiale, stupido. Dario elimina tutte le sue grandi qualità visionarie, la prospettiva dell'assassino, quegli interminabili piani sequenza che hanno fatto la gioia dei nostri occhi a favore di un misero riquadro sullo schermo di un computer dove si vedono le vittime urlare, se urla si possono definire, visto che fanno quasi ridere, il tutto condito con una sceneggiatura grazie alla quale Alvaro Vitali avrebbe di che farsi vanto. Gli attori non aiutano, da Stefania Rocca a Liam Cunningham (anche se devo ammettere che è l'unico che si salva) fino a Silvio Muccino il più improbabile. Come se non bastasse il film è stato girato in inglese ed è stato fatto un doppiaggio che dire sciagurato è poco, da parte degli stessi attori (la domanda sorge di conseguenza, ma perché?). Di tensione e paura nemmeno la traccia. Ed il sangue? Macchè, sarà che ormai Dario è diventato nonno e gli unici incubi che turbano le sue notti sono quelli della figlia di Asia che piange, sarà che la sua vena orrorifica si è ormai esaurita, ma questo CARTAIO è veramente penoso. L'assassino uccide perché ama la protagonista e lei non ricambia (nemmeno lo sa) e qui ho già detto tutto. Ma che motivo è? D'accordo che la trama non è mai stata il piatto forte dei film di Argento ma qui si tocca il fondo.
Insomma di questa pellicola si salva ben poco, al cui confronto viene da rivalutare NON HO SONNO, che è un capolavoro.

Però una lancia in favore di Dario la devo spezzare: nella sua filmografia abbiamo visto le ragazze uccise in qualunque modo possibile e immaginabile (accettate, squartate, annegate) ed è dunque abbastanza ragionevole che non sappia più che inventarsi. Argento attraversa dagli anni 90' una parabola discendente che non accenna a fermarsi e si abbassa sempre più. Il declino cominciò con trauma, dove debuttò la figlia, quando si dicono coincidenze, ed è proseguito per 14 anni, fino ad oggi. E' doloroso vederlo ridotto in queste condizioni, anche perché nessuno finanzia i suoi film (informazione per tutti, il budget del cartaio è di poco inferiore a quello di una qualsiasi puntata di distretto di polizia) e sarebbe da consigliargli dunque, un ritiro, prima di continuare ad infangare la sua fama.
E la musica? Già. La musica, da sempre fondamentale in tutti film del maestro, qui è firmata da Claudio Simonetti che svolge un lavoro dignitoso, anzi molto buono. Ma anche qui vi è il lato negativo: se il tema principale è molto bello, ed ascoltato a parte risulta veramente piacevole, nel film è buttato via nei titoli di coda e per il resto aleggia ogni tanto qualche suono che risulta quasi impercettibile. Peccato.

In conclusione, se siete fan del mitico Dario, quello di Profondo Rosso e di Suspiria ed amate le emozioni forti, il brivido e lo splatter non andate a vedere IL CARTAIO perché rimarrete delusi sotto tutti i punti di vista. Se invece non conoscete Argento, siete facilmente impressionabili e volete passare una serata in compagnia, allora avete trovato il film giusto.

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Recensione a cura di niko - aggiornata al 02/02/2004

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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