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"Dov'è l'amico che il mio cuore ansioso
ricerca ovunque senza avere mai riposo...
Finito il dì ancor non l'ho trovato
e resto sconsolato...
La Sua presenza è indubbia ed io la sento
in ogni fiore e in ogni spiga al vento...
L'aria che io respiro e dà vigore
del Suo Amore è piena.
Nel vento dell'estate
la Sua voce intendo"
(Ingmar Bergman, Il posto delle fragole, 1957)
Più il corpo invecchia, più l'anima cresce e prende vigore verso una sete di verità ed infinito. Forse la causa vera del malessere del secolo scorso e di quello in cui siamo appena entrati è proprio quello di non preoccuparsi più della morte, o meglio, di non pensarci. In una società in cui conta solamente l'apparire, sembra quasi che la morte voglia essere nascosta, e non inserita quindi nel ciclo naturale della vita. Ci accorgiamo di essere vivi proprio grazie alla morte. Ecco, "Il posto delle fragole", uno dei capolavori della storia del cinema, può essere proprio considerato una riflessione sul ciclo della vita, che si conclude con la morte.
"Il posto delle fragole" è un film di chiara matrice proustiana, una recherche delle proprie identità attraverso una ricerca del tempo perduto. Non è mai troppo tardi per ritrovare sé stessi, vuole dirci il regista per bocca del suo protagonista, il professor Isaac Borg (interpretato dall'ottantenne attore svedese Victor Sjostrom). Attraverso un viaggio da Stoccolma a Lund, dove dovrà ritirare un prestigioso premio accademico, il professor Borg compie anche un viaggio a ritroso nel tempo, ed appare subito chiaro che il tema del viaggio è in verità una vera e propria seduta psicanalitica. Anzi, "Il posto delle fragole" è da considerarsi il film psicanalitico per eccellenza.
Quest'uomo cerca, nonostante i suoi ottant'anni suonati, una riconciliazione con sé stesso, perché chiunque di noi, e a qualsiasi età, può riscattarsi.
Borg va a rivisitare i luoghi dell'infanzia, partendo e concludendo (in sogno) il proprio viaggio psicanalitico proprio nel posto delle fragole, il posto dove il professore trascorse la propria infanzia, ed il posto dove cominciarono i suoi rimpianti: c'è un forte desiderio di non essere mai stato quello che in realtà si voleva essere. L'uomo è stimato ed appare a tutti come pienamente realizzato, ma in dentro di sé è completamente differente da come appare.
Si tratta perciò di una serie di frammenti scissi e uniti alla fine. Un uomo alla ricerca delle sue molteplici identità, che alla fine le ritrova e le riunifica.
L'opera è permeata da una serie di incubi (chiara matrice esistenzialista e surrealista) che alla fine diventano un sogno meraviglioso. Il professor Borg sogna di essere di nuovo nel posto delle fragole, l'atmosfera è idilliaca, il tempo stupendo: e, in fondo ad un laghetto, vede i suoi genitori. E, proprio come una seduta psicanalitica che si conclude positivamente, finalmente vede il padre. E' il ritorno al padre. L'uomo, proprio come alla fine de "Alla ricerca del tempo perduto" di Proust, ha ritrovato sé stesso.
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Recensione a cura di paul - aggiornata al 01/03/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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