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Un gruppo di criminali viene assoldato dal vecchio malavitoso Joe per rapinare una gioielleria. Il piano viene preparato nei minimi dettagli, ma qualcosa va storto, la banda si separa e, uno ad uno, si ritrovano nel luogo che era stato prestabilito per ritrovarsi dopo il colpo, un garage. Qui cominciano a maturare l'idea che fra di loro vi sia un infiltrato...
Era il lontano 1994 quando uno sconosciuto di nome Quentin Tarantino, cresciuto in una videoteca e grandissimo appassionato di cinema, soprattutto di kung-fu e di Sergio Leone, decise di prendere in mano la macchina da presa, dopo aver scritto la sceneggiatura, e, grazie ad una serie di strepitose coincidenze, come quella di incontrare Harvey Keitel che conosceva il boss della Miramax, Lawrence Bender, riuscì a realizzare il suo primo film e, a onor del vero, il suo primo capolavoro.
Perché le iene è questo un CAPOLAVORO. I dialoghi, la musica, le inquadrature, che, prese una ad una, dimostrano una grandissima abilità tecnica ed una grandissima attenzione nella cura dei minimi particolari degne del miglior Dario Argento. Fa pensare che con un ridotto budget sia riuscito a realizzare questo cult. Bistrattato e snobbato dagli italiani (non ebbe successo nemmeno dopo la sua riproposizione a seguito del successo mondiale di Pulp Fiction) fu invece accolto da buoni risultati nel suo paese, tanto da vincere il Sundance film festival.
La trama non è molto complessa, è lineare, o meglio sarebbe lineare perché Tarantino ha la capacità di rendere straordinarie anche trame di una banale superficialità e già viste e riviste (il pensiero corre subito all'ultimo Kill Bill).
La sceneggiatura è infarcita di volgarità, ma non risultano fastidiose anzi, sono introdotte con grande sapienza tanto che dopo una decina di minuti quasi non ci si bada più, questo costo il divieto da parte della censura ai minori di 18 anni, ma secondo me sono ben altre le pellicole da vietare... come Natale in India.
Differenza sostanziale a confronto degli altri film di Tarantino è che qui non vi è assolutamente traccia di presenze femminili, eccezion fatta per la cameriera e la donna in macchina che spara nello stomaco del povero Tim Roth, ma la pellicola non ne risente minimamente anche se non avrei disdegnato di vedere Uma Thurman nei panni di Lawrence Tierney.
La recitazione degli attori, allora sconosciuti è superba, ma è da citare particolarmente Michael Madsen nei panni di mr. Blonde, al quale riesce particolarmente bene il ruolo del sadico.
Presente come in tutti i suoi film anche lo stesso regista che ci offre il suo personale significato della canzone di Madonna Like a virgin.
Le scene da ricordare sono principalmente tre: I primi dieci minuti al tavolino del bar, la tortura del poliziotto, e la scena conclusiva tutti contro tutti.
Nel cinema di oggi sono pochi i registi che riescono ancora a far divertire (anche se si può disquisire molto sul significato di quel "divertire", per alcuni il divertimento è avere paura, per altri ridere), ma nessuno di sicuro può negare che ci siano solo poche perle di grande cinema e che escano di rado.
Gli unici registi in grado di garantire ancora un certo tipo di originalità sono Quentin Tarantino, Paul Anderson (grande tecnica) Brian De Palma (intramontabile) David Fincher (vedi Anderson) e M. Night Shyamalan.
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Recensione a cura di niko - aggiornata al 26/01/2004
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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