Recensione l'inferno di cristallo regia di John Guillermin, Irwin Allen USA 1974
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Recensione l'inferno di cristallo (1974)

Voto Visitatori:   7,72 / 10 (49 voti)7,72Grafico
Miglior fotografiaMiglior montaggioMiglior canzone (We may never love like this again)
VINCITORE DI 3 PREMI OSCAR:
Miglior fotografia, Miglior montaggio, Miglior canzone (We may never love like this again)
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior film straniero
Miglior attore non protagonista (Fred Astaire)Miglior attrice debuttante (Susan Flannery)
VINCITORE DI 2 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior attore non protagonista (Fred Astaire), Miglior attrice debuttante (Susan Flannery)
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locandina del film L'INFERNO DI CRISTALLO

Immagine tratta dal film L'INFERNO DI CRISTALLO

Immagine tratta dal film L'INFERNO DI CRISTALLO

Immagine tratta dal film L'INFERNO DI CRISTALLO

Immagine tratta dal film L'INFERNO DI CRISTALLO

Immagine tratta dal film L'INFERNO DI CRISTALLO
 

Il film uscito nel 1974 e subito tra i titoli di testa al botteghino, appartiene al cosiddetto genere "catastrofico" inaugurato a inizio decennio Settanta da "Airport".
Caratteristiche principali: lunghezza (la durata è di circa 165 minuti), eventi drammatici al limite dell'impossibile con morti e feriti ma poi conclusi con inevitabile anche se un po' amaro happy end e infine cast all stars con prevalenza di ex divi hollywoodiani in disarmo ed eventuale aggiunta di starlettes in ascesa.

"L'inferno di cristallo" (titolo originale "The towering Inferno" fusione di due diversi romanzi da cui è tratta la sceneggiatura) adempie a ogni punto soprattutto per la grande infornata di old stars: da William Holden e Jennifer Jones (qui alla sua ultima interpretazione) che si ritrovano dopo quasi vent'anni dalla loro storia d'amore cinematografica - anche se curiosamente non recitano mai insieme - al popolare ballerino Fred Astaire (prima nomination all'Oscar della sua lunga carriera).
Stringe un po' il cuore vedere la celebre Jennifer Jones ridotta a un ruolo da comprimaria, ormai maschera di se stessa, e fa sorridere Robert Wagner futuro interprete di una divertente serie giallorosa nel ruolo di un dirigente un po' playboy e scarsamente brillante.

Visto a trenta e passa anni di distanza il film mostra molte pecche: la versione italiana non gode di un doppiaggio eccezionale, ambienti e costumi sono poco curati, più adatti a un telefilm seriale, i dialoghi sono banali e gli effetti speciali decisamente ingenui.
Tuttavia la storia riesce a prendere e a creare il voluto pathos: un grande grattacielo, il più alto per l'epoca sta per essere inaugurato a San Francisco, tuttavia a scopo di lucro sono state violate alcune tra le più elementari regole di sicurezza e molti dei materiali usati sono scadenti. Infatti un banale corto circuito provoca in breve tempo la catastrofe con perdite di vite umane. Solo l'abnegazione e il coraggio di un pugno di uomini impediscono il disastro...

Gli ingredienti per attrarre il pubblico ci sono: la sfida tra bene e male, buoni e cattivi ha sempre vinto al botteghino.
Qui i buoni sono: l'architetto Paul Newman, ignaro delle beghe nella costruzione del megaedificio perché all'estero, e il capo dei vigili Steve McQueen, una via di mezzo tra Superman e Bertolaso.
I cattivi: l'incendio generato quasi dal nulla, ovvero l'imponderabile, e il bieco genero del costruttore, Richard Chamberlain, già santo dottor Kildare e non ancora diabolico padre Ralph del mitico film per la tv anni Ottanta "Uccelli di rovo".
Il costruttore, il buon William Holden, pur formalmente colpevole di aver voluto tendere al risparmio per ottenere il massimo guadagno, si riscatta con una condotta virile.

Essendo un film stelle e strisce la trama mantiene molti dei clichés presenti nei film hollywoodiani dalla notte dei tempi: le protagoniste femminili sono sempre un po' in ombra; c'è l'inevitabile segretaria innamorata del suo capo che poi ci lascia le penne; la vedova attempata che dopo aver messo in salvo i figli di una vicina non udente e la micetta, proprio mentre potrebbe iniziare una storia d'amore con un truffatore anzianotto, muore in maniera quasi comica dall'ascensore panoramico modello casa di Barbie; la presunta donna in carriera in conflitto tra l'amore e la professione; la madre borghese che pensa a come se la caverà la figliola - da lì a poco orfana - con la cassetta di sicurezza, e infine la figlia amorosa e moglie in crisi del cattivaccio a cui il caso regala una insperata vedovanza.

Gli uomini sono i soliti eroi senza macchia, pronti a fronteggiare il pericolo senza tema o i vigliacchi disposti a vedere cadere gli altri pur di avere salva la vita, classico e semplicistico manicheismo che pure ha presa sullo spettatore avvinto dalla situazione (in fondo i migliori momenti del "Titanic" sono quelli che mostrano i tentativi di fuga dei passeggeri dopo la collissione con l'iceberg).

C'è anche un monito pseudo biblico: la distruzione del grattacielo ricorda la torre di Babele edificio altissimo poi rovinosamente caduto.
Gli americani, puritani nonostante tutto, hanno colto e hanno gradito, il resto del mondo ha seguito la scìa. Oggi si potrebbe dire che "L'inferno di cristallo" non è senz'altro un capolavoro ma, nel suo genere, rimane un prodotto di buon livello da vedere senza pretese.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 26/05/2010

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