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Yu-jeong è stata famosa come cantante in un tempo ormai lontano. Adesso fa l'insegnate e combatte una depressione con tendenze suicide. Dopo il fallimento dell'ennesimo tentativo di togliersi la vita, Yu-jeong accetta di accompagnare una suora ad un incontro con un condannato a morte, suo vecchio fan.
Yun-soo un uomo rabbioso e taciturno riconosciuto colpevole di omicidio; nasconde con la rabbia un passato doloroso, e sarà su questo terreno che i due alla fine si incontreranno e potranno tentare una difficile riconciliazione con la vita e col passato.
Un tentativo di suicidio apre questa dolorosa riflessione sul passato di due persone ferite dalla vita. E alla fine una delle due morirà. Nel frattempo tra loro ci sarà il tempo di abbattere il muro eretto anni prima, a nascondere un dolore talmente grande da dover essere rimosso dalla coscienza.
Yu-jeong è una ragazza arrabbiata, che tenta il suicidio e odia sua madre, mentre Yun-soo ha ucciso e da allora si è chiuso in un silenzio carico di rancore. Nessuno riesce ad entrare in contatto con queste persone, la cui prima e unica caratteristica evidente è la rabbia. Ma l'incontro tra due storie, che alla fine si scoprono simili, non potrà che aprire la porta alla comprensione, unico sentimento in grado di guarire un'anima corrosa da un passato incancellabile.
Song Hae-Seong con mano abile ci porta all'interno del passato dei due protagonisti, mostrato sempre in soggettiva e nell'ambito delle confessioni che rappresentano l'unico vero momento di incontro tra i due. E se il parlarne porta alla coscienza il tempo inutilmente speso a rimuovere parte della propria vita, il semplice fatto di condividere con un altro lo stesso meccanismo di difesa, crea le basi per una guarigione che, se anche non restituirà di certo il tempo perso, di sicuro regalerà a uno dei due la possibilità di un futuro.
La scansione del tempo, in realtà pochissimo, a disposizione dei protagonisti segue un ritmo interiore, pertanto lentissimo e nel contempo dotato di sbalzi temporali. Il momento in cui tutto cambia viene lasciato semplicemente cadere, come un dono e come tale resta sospeso, fino a quello della resa dei conti finale con un passato che in realtà è il solo presente possibile, riproposto di continuo come una barriera per impedire qualsiasi futuro.
L'intensità del racconto è accentuata dallo svolgersi dei fatti quasi completamente in interni. E la buona prova di tutto il cast rende possibile l'identificazione con i personaggi e il confronto con i pesantissimi contenuti di una storia alla fine semplice, ma di grande spessore emotivo.
Altro non è possibile dire di un così sensibile e ben congegnato racconto, senza svelare parte del contenuto più intimamente connesso alla vera natura del legame che si instaura tra quelli che alla fine non sono altro che due sopravvissuti. L'invito per lo spettatore è a lasciarsi trasportare dalla magia di un legame impostato sulla negazione di un passato e basato su un dolore, che si trasforma semplicemente con l'ammissione stessa del proprio diritto all'esistenza.
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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 03/06/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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