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Due astronauti, il tenente Payton (Dennis Quaid) e il caporale Bower (Ben Foster) si ridestano, stupiti, da un lungo iper sonno a bordo di un'astronave che sembra deserta; si sentono subito spaesati e perduti, nell'ambiente in cui si trovano domina un'atmosfera tenebrosa, l'unico segno, che sembra in qualche modo far presagire la presenza di altro, è un suono dal rumore strano, sinistro, che sembra provenire da una parte non ben identificata dell'astronave.
I due uomini, del loro passato non ricordano assolutamente nulla, né sanno dove erano prima né quale possa essere la meta della loro missione.
Guidato per mezzo di una radiotrasmittente dal Tenente Payton, il caporale Bower si avventura all'interno dell'astronave e gradualmente scopre una realtà spaventosa: la presenza di esseri umanoidi decisi più che mai ad ucciderli, mostri affetti dal sintomo psicotico denominato Pandorum, una gravissima malattia psichiatrica che si forma nella fase del prolungamento dell'iper sonno - una tecnica di mantenimento delle funzioni vitali dell'organismo al minimo necessario per più di cento anni, indispensabile per raggiungere pianeti simili alla Terra legati per gravitazione ad altre stelle affini al sole - oltre i limiti temporali ammessi. La malattia produce pulsioni omicide immotivate che dopo il delitto lasciano il soggetto criminale indifferente, privo di ogni senso di colpa; in coloro che ne sono affetti esistono sintomi plurimi, come paranoie, allucinazioni, fobie che tendono a scaricarsi violentemente verso ogni sostanza umanoide che è in qualche modo diversa dalla loro e un po' meno comprensibile.
I quattro astronauti lotteranno per sopravvivere e per sfuggire agli esseri-mostri intenzionati a distruggerli, ma riusciranno a sbarcare sul nuovo pianeta iniziando una vita nuova per la specie umana?
"Pandorum: L'universo parallelo" è un film horror-fantascientifico di produzione tedesca-statunitense, uscito nel 2009, firmato dal regista Christian Alvart che ricordiamo, apprezzandone particolarmente lo stile, in "Curiosity & The Cat" (1999) film horror, "Antibodies" (2005), sempre horror, ed in "Case 39" (2008), pellicola thriller.
Alvart, con un budget di produzione da 40 milioni di dollari, considerato solitamente basso per un film di questo genere, gira una pellicola di sorprendente qualità, che lascia stupiti per l'assemblaggio di sequenze sceniche così diverse tra di loro per forma e linguaggio visivo, tratte da altri film, che vengono genialmente fuse dal regista in uno stile unico dagli effetti estetici mirabili, semplicemente inserendole ben ordinate in un super codice visivo retto da una fotografia di ricchissima composizione, finemente dettagliata, con angolazioni di ripresa difficilissime che danno gran vita comunicativa al racconto; una cura fotografica sempre al primo posto nel linguaggio filmico, in uno sfondo caratterizzato da un ambiente ermetico-claustrofobico, scuro, dalle intonazioni cromatiche tristi ma intense, che configurano i contenuti del film in una luce sempre carente, insufficiente, fin quasi alla fine del film conferendo spettralità e suspense al film.
La sensazione di originalità, alla fine di questo lavoro filmico, trionfa mettendo a tacere molte critiche, soprattutto quelle a volte un po' sbrigative e superficiali, accompagnate da giudizi troppo cavillosi, un po' pretestuosi, strettamente legate a un'idea di cinema povero d'arte, banale nel suo gioco di intrattenimento, convenzionale nei codici visivi, un'idea che fa dello spettacolo il fondamento della realtà cinematografica: la cui molla principale di mercato legata al divertimento immediato rimane secondo loro a fondamento dell'industria cinematografica; critiche che si ostinano a non vedere nel cinema capacità diverse, anche filosofiche e stilisticamente innovative.
Secondo la rivista di fantascienza SFX "Pandorum: L'universo parallelo" è il miglior film di fantascienza degli ultimi anni; positiva la valutazione anche sull'importante sito di cinema IMDB. Nel complesso i commenti critici negativi, molto più numerosi di quelli positivi, sottolineano nel film la mancanza di originalità di diverse scene drammatiche, chiaramente ricavate da altre pellicole, come "Punto di non ritorno", "Alien", "The Descent", e le grosse difficoltà di scorrimento del racconto filmico che costringono lo spettatore a seguire i complessi intrecci del film con un certo sforzo mentale, che si muove parallelo a quella parte di sé attratta più dal giocoso, evocato dal dispositivo filmico, con il rischio quindi di allontanare lo spettatore dal divertimento e dalla comprensione più immediata del film.
Le poche critiche positive si soffermano di più sull'immagine in sé, sugli aspetti visionari e volutamente fantasmagorici dell'opera capaci di dare al film uno spessore metaforico e simbolico straordinario, arricchendolo di innumerevoli interrogativi filosofici e storici, in grado di ampliare i concetti tipici su di sé creati dalla storia della fantascienza cinematografica, aprendoli a sviluppi nuovi che meglio riescono a rispecchiarsi produttivamente nella realtà attuale.
L'uscita in Italia di questo film in prima visione durante l'estate ha lasciato tutti un po' perplessi, perché "Pandorum" è sì un film d'azione ma nello stesso tempo anche un'opera di impegno. Il regista Cristian Alvart fa dell'azione non uno spettacolo fine a se stesso, costituito da combinazioni di movenze sceniche che tendono a produrre i tradizionali effetti meraviglia, a tratti stupefacenti, ma un semplice supporto espressivo, un collante di immagini forti che seducono per interazioni veloci delle idee messe in campo e decisionismo psicologico dei personaggi, lunghi moti pulsionali che al loro interno implodono in modo enigmatico, impenetrabile, oscuro, e il cui vero senso inconscio si svela solo alla fine lasciando sempre, come è tipico dell'immagine, ombre di dubbio sull'effettiva univocità del significato rivelato.
"Pandorum" tocca quindi corde musicali di pensiero molto complesse, molto più che cercare di dare soddisfazione a forme e bisogni di evasione, il film per la scelta fatta con il suo tipo di sceneggiatura non può appagare sensibilità legate al divertimento immediato; il suo è un linguaggio dai colori tetri, bui che si modificano solo nel finale quando inaspettatamente la telecamera si apre alla luce maestosa del nuovo mondo di Tanis ricco come la Terra di dolci acque.
"Pandorum" non ha potuto quindi allietare chi era in una vacanza estiva e si aspettava di vedere azioni spensierate e di grande spettacolo visivo; indubbiamente questo film avrà irretito anche certe aspettative turistiche, richiamando però gli spettatori a un cinema diverso, situato in un altrove in parte inconscio che ci riguarda più da vicino perché facente parte del nostro immaginifico profondo dove il piacere lo si ritrova non solo nel sentirsi partecipi visivi di ben simbolizzate ed efficacemente intrecciate azioni, ma nel ritrovare un rapporto più vero con la realtà del nostro futuro più immediato, quello maggiormente prevedibile, già presente nelle ansie e nelle inquietudini dei nostri tempi immergendosi in problemi veri, creando nuovi codici visivi fantascientifici, credibili, ben congeniati, strettamente legati al possibile–probabile dell'evento oggetto del racconto e non a un fantastico slegato nevroticamente da tutto il reale, affermando un gioco di previsioni intelligenti, capaci di far uscire dalla crisi la fantascienza cinematografica che da lunga data versa in uno stato a dir poco comatoso.
Questo film, per idee e forma, fa sperare in una nuova fantascienza, più vicina alla letteratura e alla saggistica, preziosi serbatoi di idee, e maggiormente influenzata dalla scienza e dalle culture sociali di avanguardia.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 23/08/2010 14.59.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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