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Passannante? Chi era costui? E' proprio per risolvere l'interrogativo che un qualsivoglia uomo moderno involontario emulo di don Abbondio, ma soprattutto per rivalutarne la figura ingiustamente infangata e poi fatta cadere nell'oblio, che un gruppo di volenterosi capeggiati dal regista Sergio Colabona e guidati dall'attore di teatro Ulderico Pesce, che su Passannante ha scritto e portato avanti un monologo: "L'innaffiatore del cervello", hanno realizzato una pellicola sicuramente minore ma non meno valida di altri film destinati al sicuro successo al botteghino.
Cuoco lucano, scarsamente alfabetizzato, Passannante attentò al re Umberto I durante una visita ufficiale a Napoli con l'ausilio di un coltellino e ovviamente catturato immediatamente patì atroci torture per una colpa minima.
Rinchiuso in un carcere indegno e successivamente trasferito in un manicomio criminale quando era ormai una larva, il povero Giovanni Passannante subì l'estrema onta anche da defunto, quando il suo cervello fu espiantato e consegnato al Museo di Criminologia di Roma dove per anni è rimasto etichettato come "criminale abituale Pz" a sottolineare l'idea del Lombroso che catalogava i meridionali come delinquenti congeniti in virtù di studi antropologici del tutto fini a se stessi.
La pellicola alterna la vicenda umana e storica di Passannante, interpretato con bravura da Fabio Troiano, ai tentativi di Pesce, di un giornalista e di un musicista di riabilitare la figura dell'anarchico lucano. Malgrado l'oscillamento frequente tra presente e passato con qualche stralcio dalle rappresentazioni teatrali di Pesce, il film, che in realtà è una docufiction, non fa mai perdere l'attenzione allo spettatore grazie anche alle indubbie doti di affabulatore di Ulderico Pesce, purtroppo non sufficientemente noto ai più.
Decisamente sarcastico il rapporto tra il potere, rappresentato dal ministro della Giustizia di turno, e il popolo (Pesce e compagni che perorano la causa di Passannante). Ogni ministro e soprattutto ogni sua segretaria viene dipinto con i tic propri della sua appartenenza politica e così, senza citare nessuno, sfilano il ministro della Giustizia sotto il governo D'Alema, forse il più serio anche se non edotto sulla figura del povero anarchico, il leghista becero e tronfio Castelli e il politico alla volemose bene Mastella che però acconsente a dare a Passannante una degna sepoltura.
Una triste e praticamente ignota pagina della storia nazionale che getta ulteriore fango sulla controversa famiglia reale dei Savoia ma anche sull'apparato statale postmonarchico. Film realizzato con assoluta povertà di mezzi, ma sicuramente da vedere.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 14/01/2014 16.37.00
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