Voto Visitatori: | 7,66 / 10 (323 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,50 / 10 | ||
Dopo aver realizzato il poco felice "Ovunque sei", Michele Placido torna alla regia scegliendo di narrare le "gesta" di una delle bande criminali tra le più controverse della nostra storia recente, e lo fa non prendendo spunto dalla cronaca, ma basandosi sul romanzo di Giuseppe Di Cataldo che da' anche il titolo al film.
Stilisticamente la pellicola si presenta come un'opera complessa, forse di lunghezza eccessiva, ma comunque non tale da suscitare noia. Accompagnata da una valida colonna sonora e da intermezzi di filmati d'epoca forti, da colpire al cuore, "Romanzo criminale" è senza dubbio una delle pellicole più interessanti degli ultimi anni e, ad oggi, la migliore direzione di Placido.
Il cast è costituito da alcuni dei più popolari giovani attori del periodo, da Riccardo Scamarcio, sguardo imbronciato a bucare lo schermo, sceso dai tre metri sopra il cielo per ritrovarsi nell'inferno del crimine a Claudio Santamaria, occhi un po' persi perché lui si è perso dall'inizio, al duro faccia di pietra Francesco Venditti, due volte figlio e anche nipote d'arte, a Kim Rossi Stuart non più principe azzurro, gelido come i suoi occhi, ma anche con tanta voglia di mostrarsi diverso, infine c'è l'eroe, buono ma non del tutto, lo Stefano Accorsi già diretto da Placido in "Ovunque sei" accanto a Violante. Accorsi esce dall'inespressività che lo ha caratterizzato nelle ultime pellicole per dare l'anima a questo commissario tormentato dai crimini della banda e dal suo personale demone.
Irriconoscibile nel trucco e nella voce Gianmarco Tognazzi che può dire "c'ero anch'io," ma non si vede molto bene. Poi ci sono le protagoniste femminili: la dolcezza, il candore dell'onestà , la "brava ragazza" studiosa Jasmine Trinca, innamorata dolente inconsapevole prima, decisa poi, vittima sacrificale ignara e Anna Mouglalis la "dark lady" bella e crudele, all'inizio amorale più che immorale poi anch'ella spenta e vittima di sé stessa.
A questo film sono state date innumerevoli etichette: western all'italiana, versione de noartri di "Quei bravi ragazzi", fredda cronaca di venti anni della nostra storia.
Restano le ottime interpretazioni, il taglio che Placido ha voluto dare a metà tra il film e il documentario (un maestro su questo tipo di fare cinema: Rosi e i suoi film di denuncia), il suo tentativo di non essere manicheo, a tratti un po' troppo spinto al punto che sembra dare delle giustificazioni al comportamento dei membri della banda: quello che si innamora, quello che ha letto Ebola.
E' vero, il film non parla dei membri della banda della Magliana, ma dell'idea che lo scrittore Di Cataldo prima, e il regista Placido poi, hanno voluto dare al lettore e allo spettatore degli avvenimenti di quel periodo tanto doloroso e cruciale.
Al di là di tutto, non volendo soffermarsi sul sottile confine che divide realtà e finzione, cronaca e opera d'ingegno, resta il film, con i suoi interpreti, la sceneggiatura accurata, i tempi privi di sbavature e su questo ci si sente di tributare un plauso a Placido e compagni.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 19/07/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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