Voto Visitatori: | 5,86 / 10 (80 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,50 / 10 | ||
Gruppo di conigliette killers in un esterno/inferno. Alla soglia delle vacanze di primavera, regno di un surplus di sballo orgiastico in nome della trinità alcool-droga-sesso, quattro amiche si autofinanziano con una rapina a mano armata e vengono successivamente arruolate (come amanti e sicari) da uno sfatto spacciatore in dreadlocks.
Nel sesto lungometraggio di Harmony Korine ribolle in sovraimpressione la tragedia del consumismo dello sguardo e del nostro rapporto con la policromatica affabulazione della volgarità. Sbattiamo contro la superficie e ci striscia addosso la lordura della patina, la nostra assuefazione fisica e (comporta)mentale all'assenza di linee direzionali. Nel magma incandescente l'unico senso che prevale è quello dell'opportunità (anche se non sappiamo di cosa), dell'attimo vibrante e mozzafiato da trangugiare tutto d'un fiato. Sotto le luci al neon luride e usurate covano ignoranza e controcultura di massa, che generano mostri perché sono mostri esse stesse. Come le protagoniste, delle quali è spinta all'estremo parossistico la carica di sub-icone teen, fuochi di paglia del degradante deragliare, loro stesse alimenti e fruitrici del consumo onanistico. Selena Gomez, Vanessa Hudgens e Ashley Benson creano un cortocircuito che scontorna dalla pura fiction e pare uno squarcio sul loro e sul nostro futuro.
Completano il quadro l'overdose ossimorica della naïveté di una voce off posticcia e ipnotizzante, e la contraddittorietà vistosa, il contrasto sfrenato e senza limiti tra ebbrezza da commedia e gelo da noir: come nella sequenza strepitosamente straniante che introietta la hit pop trash di Britney Spears "Everytime" nella degenerazione isterica della violenza, come una danza di morte e sangue e erotismo e magliettine fucsia.
Korine conosce il suo (il nostro) nemico e opera una rotazione di prospettiva, immergendoci, stuzzicandoci, schiaffandoci in faccia la perseverante e sistematica trasformazione delle idee e degli idealismi in uno spettacolo di sé stessi, nella sostanza di materiale mucoso e appiccicoso, sottoprodotto che seduce e incatena, dallo sballo estetico estivo alla religione. Tanto che lo straniamento di stereotipi e concetti dell'immaginario, pur deformati, rientra nelle aspettative (il boss sopra le righe, le sexy Alien's angels). Avvolgendole nel loro personaggio già (de)costruito, Korine lo spreme fino a farne uscire lo sterco e ci mostra la dura verità: la nostra mutazione regressiva - non solo americana - in alieni, appunto. Extraterrestri il cui universo di parole si riduce a pistola, denaro, narcotici, bikini, Mtv; parole rif(r)atte, replicate, remixate.
Ecco cos'è "Spring breakers" a dispetto dei suoi colori frastornanti e delle sue urla sbandierate: un viaggio nel vuoto che mette paura. Quasi uno snuff movie, spiazzante, zuccheroso, destabilizzante, disperato, alienante, sorretto da uno stile preciso e solidissimo attraverso il quale passano, filtrati da un esacerbato vortice registico, la demolizione e la triturazione dei corpi, delle loro finalità, del loro esistere glitterato, oleoso e sudicio.
Al di là delle vacanze di primavera non c'è nulla: solo altro vuoto, solo un altro identico ritorno. Un (corto)circuito chiuso e ossessivo, sotto il maniacale e fetido crepitare di corpi che non hanno la dignità di personaggi, ma solo di poster sul muro dei teenager.
Korine non fa che mostrarci la polvere e lo sporco dall'altro lato del foglio. E vi ci sguazza e crogiola, nel niente fosforescente e reiterativo, e infastidisce perché seduce; ma il punto non è questo. Alla fine è tutta una questione di sguardo, il nostro: che è chiamato in causa dalla lusinga della decadenza, che partecipa attivo al disgusto e al fascino.
È sempre e soltanto questione di sguardo.
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Recensione a cura di Fiaba - aggiornata al 01/10/2012 15.55.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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