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Alberto e Sergio non si conoscono, di Genova l'uno e di Roma l'altro, vengono messi sulla stessa "strada" da un destino intriso di scelte e di illusioni. Non si conoscono, ma sono uno lo specchio dell'altro.
Il primo si mette in viaggio dalla città della Lanterna verso Reggio Calabria, accettando di andare a prendere un non precisato "pacco", servizio questo che gli può garantire una lauta ricompensa da qualche organizzazione malavitosa, per poter così rimettere in piedi la sua fabbrica di chiodi colpita dalla crisi. Purtroppo il viaggio inizia malissimo in quanto all'alba della partenza piombano dentro casa sua alcuni malviventi, probabilmente rivali, che prendono come ostaggio la moglie e le due figlie, intimandogli di recapitare a loro il "pacco" in questione.
Sergio entra in gioco quando la malavita di Reggio capisce di non dover consegnare la merce ad Alberto, è anch'egli un corriere, sicuramente più scafato del primo, ed è sul luogo dello scambio che i due si incrociano per la prima volta. Da quel momento in poi inizia una corsa lungo tutta la penisola nel disperato tentativo di riprendere la preziosa merce da parte del ligure per salvare la sua famiglia.
Il primo film di Emiliano Corapi è sicuramente una riuscitissima introspezione dei due personaggi attraverso il sentimento che, più di ogni altro, muove le nostre azioni: la paura. Paura di non farcela economicamente, paura di deludere i cari, paura di uccidere ed essere uccisi. Paura, in questo caso, oltremodo giustificata, in quanto Alberto (Vinicio Marchioni, il "Freddo" di "Romanzo criminale") e Sergio (Daniele Liotti, "Cresceranno i carciofi a Mimongo" e "La vita come viene") sono due uomini comuni coinvolti in un giro di affari mafiosi. Sono "figli dei nostri tempi" come dicono quelli bravi, in un'Italia dove è difficile arrivare a fine mese, che ha regalato negli ultimi venti anni alla cronaca nera fiumi di inchiostro, che ci saremmo volentieri risparmiati.
Come Alberto non ha il coraggio di dire alla moglie il vero motivo del suo viaggio verso Reggio Calabria, anche Sergio ha problemi con il figlio e con la donna che è poi la madre del bambino. Così come uno vorrebbe essere più "cattivo" e più cinico nel suo lavoro, anche l'altro risulta un immaturo nei rapporti personali.
Accettano questo lavoro da corrieri (che sembra una routine divenuta piuttosto comune nella criminalità organizzata, ossia assoldare cittadini al di sopra di ogni sospetto e che è stata poi il punto di partenza dell'idea di tutto il film) per risollevarsi, per acquistare la tranquillità finanziaria e "reinventarsi" con le spalle coperte. Ma fino a che punto sono disposte a spingersi le persone così dette "normali" davanti degli eventi eccezionali?
La domanda accompagna gli 83 minuti del film, che perde colpi solo durante le scene di "azione", con delle forzature piuttosto evidenti ma alla resa dei conti imprescindibili e che comunque non intaccano il valore della pellicola. Questo anche perchè decisamente non è la parte del thriller quella che coinvolge lo spettatore, quindi si può soprassedere. Sono invece le scelte dei protagonisti ad incollare lo sguardo del pubblico sui due corrieri sulla lunga strada verso casa...
L'ottima caratterizzazione dei due personaggi riesce a farci immedesimare in loro, a scegliere chi dei due ci appartiene di più, ma senza "tifare" per l'uno o per l'altro perchè questo non è un film americano, non è uno-contro-l'altro, non è buono-contro-cattivo, è anzi la speranza di vedere un lieto fine in cui entrambi i protagonisti risolvono i loro problemi e crescono umanamente, ma purtroppo, come ogni odissea che si rispetti, il finale non può essere tutto rose e fiori e come succede anche nella realtà, così nella fiction, il destino presenterà il suo conto molto salato. Quale? Beh, questo è tutto da scoprire al cinema.
Budget bassissimo, ma con attori bravi e molto calati nella parte, dialoghi al servizio della storia senza troppi intrallazzi, una intuizione di partenza decisamente interessante e tante inquadrature meritevoli di elogio, ecco come le idee, le buone idee, possono ancora vincere sui soldi.
Bravo Corapi. Magari però la prossima volta, per il ruolo di un genovese, chiama un genovese, non un romano (seppur bravissimo), perchè la cadenza dialettale si sente e può infastidire un orecchio allenato. E non tutti possono essere Gassman.
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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 03/02/2012 15.34.00
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