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C'era una volta l'uomo conquistatore, vincente, circondato da belle donne... C'era, perché ai giorni d'oggi con la crisi finanziaria galoppante e una lenta ma progressiva parità dei ruoli questa figura sta scomparendo, sostituita dal bello sedotto, più che seduttore.
Raoul Bova, alias Marco Ferretti, è bellissimo ma goffo e impacciato. Lavora a Londra per una multinazionale di cosmetici ed è in odor di licenziamento (all'inizio della storia perlomeno), la sua ragazza lo licenzia senza tanti complimenti... si ritrova a Milano con l'incarico di tagliatore di teste, coinvolto da quattro donne belle e rampanti in una girandola di avventure ed equivoci senza fine.
Carlo Vanzina, coadiuvato dal fratello sceneggiatore Enrico, tenta la carta della commedia sentimental-sofisticata che strizza l'occhio alla Hollywood del passato, con un Raoul Bova timido e di buoni sentimenti, quasi un James Stewart dei giorni nostri. Imbarazzanti e inevitabili i paragoni con il George Clooney di "Tra le nuvole" (ma pare che la sceneggiatura del film italiano sia antecedente), anche se a fare il tagliatore de "noantri", Bova, con il pesante accento faringal-romanesco che si ritrova, non ci sta proprio.
In scena dalla prima sequenza all'ultima, Bova sembra essere a suo agio nei panni del maschio attraente, stranito e animato da buoni principi. Le sue partners sullo schermo, dalla rossa anglosassone Kelly Reilly (doppiaggio finto come Giuda) alle bionde Bobulova e Stella per finire con la Felberbaum, rappresentano altrettante tipologie femminili rampanti sul lavoro, disposte a tutto, ma fondamentalmente fragili e sole.
La solitudine emerge prepotentemente in questo film, al di là delle immagini da cartolina che offrono una Londra diurna o una Milano notturna: solo è Bova quando torna nel suo mini residence super accessoriato ma squallido, sole sono la Reilly e la Bobulova nei loro patetici tentativi di sedurre per vendicarsi o per attirare l'uomo che effettivamente amano.
Troppe macchiette nei personaggi di contorno: il tassista partenopeo, il pugliese fidanzato geloso e possessivo di Martina Stella (Fabio Ferri), il capo tedesco dal buffo accento e la sua aggressiva e vogliosa consorte, il farmacista gay erre moscia e accento voluttuosamente meneghino.
I minuti del film passano veloci, complici le innumerevoli e parossistiche avventure che il povero Ferretti vive durante i pochi giorni di permanenza a Milano, ma nonostante le buone intenzioni di sceneggiatore e regista, la storia cade nel déjà vu.
Occorre quindi leggere molto fra le righe il messaggio del film: dedicarsi troppo al lavoro per trascurare il resto finisce col nuocere gravemente e lo dimostra lo stato mentale tra l'allucinato e l'isterico della maggior parte dei protagonisti.
Buona la prova di Bova finalmente meno corpo e un po' più interprete, veritiere nella loro vita esagerata le coprotagoniste. Vedibile per una serata in relax.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 23/11/2010 16.10.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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