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Voto Recensore: | 7,00 / 10 | ||
"The hunted look, the haunted grace
The empty laugh that you cultivate
You fall into that false embrace
and kiss the air about her face
Who do you think you are?"
(Elvis Costello)
Scrivendo di "Turnèe" occorre fare una piccola premessa sul "Burlesque". Questa è un'arte che nasce in Inghilterra verso la fine dell'Ottocento, per poi essere esportata con successo negli Stati Uniti; è uno spettacolo parodistico come rivela l'etimologia stessa della parola che richiama il termine "burla".
Negli anni Novanta del secolo scorso nasce una nuova corrente di questa tipologia di rappresentazione definita come "New-Burlesque", una rivisitazione attuale di spettacolo, che coniuga seduzione e ironia; un nome tra tutti che ha portato al successo questo genere, genere che negli ultimi anni ha rivissuto un periodo d'oro, è quello di Dita Von Teese famosa per la sua performance all'interno della coppa Martini.
Da poco è approdato nelle sale italiane questo film sul new-burlesque, diretto e interpretato da Mathieu Amalric, che vinse per questo suo primo lungometraggio il premio alla regia allo scorso Festival di Cannes. Il regista, noto soprattutto come attore ("Lo scafandro e la farfalla", "Quantum of Solace", ...), é regista anche di tre cortometraggi: il primo del 1997, il secondo del 2001 e il terzo del 2003.
Il film, dopo un brevissimo incipit in cui vediamo una donna in un camerino, esordisce con titoli di testa sfavillanti accompagnati da una musica piuttosto aggressiva, ciò potrebbe far intendere che questo sia il ritmo del film e il suo svolgersi, un po' com'è accaduto per "Burlesque" di Steve Antin, con protagoniste Cher e Christina Aguilera.
La pellicola di Antin ha ben poco, se non nulla, a che spartire con "Tournèe". Il primo, infatti, è un film di stampo prettamente americano, sia nel ritmo sia nella trama, mentre il secondo, dal taglio quasi documentaristico, è nettamente un film europeo.
Joachin Zand (Mathieu Amalric) è un uomo alla ricerca di un riscatto professionale e personale. Un ex- produttore televisivo che porta nella sua Francia un gruppo di ballerine americane e tenta di ritrovare l'agognato successo con una tournè di "new-burlesque". Joachin è un uomo provato dalla vita, questo si legge dal suo volto rugoso, dalla sua espressione spesso persa nel vuoto o colma d'infinita tristezza; un uomo che cerca di ritrovare in se stesso la capacità e la volontà di essere padre; una persona piena di scheletri nell'armadio, ma anche piena di attese. Egli è un uomo che si consuma tra viaggi e sigarette per far raggiungere alle ragazze del suo spettacolo Parigi, meta utopica, e che rimarrà nel mondo dei sogni di questo sgangherato gruppo.
La tournè è un non-luogo, è un viaggio attraverso paesini irriconoscibili della Francia in cui le ragazze-donne non possono far altro che sentirsi perdute. Tutti i protagonisti di questo strambo road-movie sono accomunati da un forte senso di frustrazione, da una profonda solitudine e da un collettivo malessere, che alcune volte sfocia in aspre liti ,altre volte in liberatorie risate. Joachin è il collante del gruppo, che altrimenti sarebbe fuori controllo e spesso sbanderebbe dalla strada: "...noi dobbiamo tenere duro. Perché essere così fuori luogo se non ne viene niente alla fine? Tutto è in discussione tranne il vostro corpo, il vostro stile, il vostro magnifico senso dell'umorismo, la vitalità; tutto tranne voi.". Le ragazze, (nella realtà vere ballerine americane di new-burlesque), riescono a far percepire allo spettatore quanto sia importante il ballare e l'esibirsi in simpatici strip-tease per superare le proprie debolezze, quelle irrisolutezze che le portano ad affermare: "quando sono sola nella mia stanza davanti allo specchio sto male". Mimi, Kitten, Dirty, Evie, Julie, sono donne fisicamente imperfette, esageratamente truccate, spesso volgari nell'eloquio, profondamente emotive e per questo molto vicine al pubblico.
I lunghi primi piani che il regista ci regala di questi volti di rossetti sgargianti e ciglia finte, (fotografie dal sapore di felliniana memoria), offrono un ritratto di disillusione e di malinconia che contemporaneamente si fonde alla speranza di essere amati per quello che si é. Esiste qualcosa di perduto o di mancante in questi volti e in questi sguardi, tale mancanza o assenza è anche ciò che invera e intensifica la passione di continuare a esserci per esibirsi e per catturare tutto il calore di un applauso.
Queste donne chiassose, esagerate, giunoniche ed eccessive sono il fulcro dell'opera di Amalric e sono anche la famiglia di Joachin, una famiglia caotica e vorticosa, ma comunque colma di affettività.
Un difetto del film è sicuramente la lentezza nello svolgimento delle situazioni, alcune scene si rivelano inutili per l'evolversi della storia, ma valide per tratteggiare al meglio i ritratti femminili presenti nel film.
Altro piccolo difetto, per chi non guarda il film in lingua originale, è il doppiaggio a tratti irritante, considerato che già nella versione originale le attrici/ballerine americane parlano in una lingua per loro straniera (il francese).
Alcuni dei tanti motivi per cui vale la pena vedere questo film sono: la verosimiglianza con cui vengono descritte le situazioni, la naturalezza delle ballerine, la preziosa fotografia di Christophe Beaucarne, le musiche di Olivier Mauzevin e l'attenta e dettagliata regia di Amalric.
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Recensione a cura di foxycleo - aggiornata al 25/03/2011 12.37.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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