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Secondo film di Eugenio Cappuccio e pellicola da protagonista assoluto dopo i successi cinematografici (Dopo mezzanotte) e televisivi (Distretto di polizia) per Giorgio Pasotti, il film porta lo spettatore nel cuore della Milano post da bere dei giorni nostri.
Il protagonista del film è Marco Pressi giovane formatore, benvoluto in azienda e di sicuro avvenire che un giorno riceve l'ingrato compito di licenziare i rami secchi.
Infarcito di gergo aziendale (disagio emotivo, ti stimo molto sono delle frasi molto presenti nel modo di esprimersi di Pressi) il film è forse uno dei primi in Italia accanto a Mi piace lavorare ad occuparsi dei problemi del lavoro anche se però con un ritmo da commedia sempre a metà strada tra il comico e il drammatico.
Comico sembra essere il buffo amico del protagonista che si dimette prima di venire a sapere di essere tra i licenziabili dell'azienda, comico è il collega Giorgio Bonghi (Massimo Mollea) meneghino fino al midollo con linguaggio e modi da paninaro in carriera (mi asciughi, è la sua frase standard), comico l'impiegato alle soglie della pensione che rifiuta di andar via prima del tempo. Patetica è l'impiegata condannata da un male incurabile che riceve la proposta di andar via "per dedicare più tempo a se stessa e alla famiglia" e patetico è lo stesso Pressi, giovane rampante che ha tempo solo per il lavoro, parla telefonicamente con la madre per pochi minuti e viene continuamente insultato dalla colf sudamericana per la scarsa cura verso la sua abitazione.
La protagonista femminile del film è la giovane Cristiana Capotondi che, dopo tanti ruoli secondari in fictions televisive e in film natalizi accanto a De Sica e Boldi in cui interpretava il ruolo della ragazzina romana un po' coatta, in questa pellicola sfodera un inaspettato e abbastanza perfetto accento meneghino.
La Capotondi è Laura, quasi fidanzata di Marco, ragazza vivace e un po' inconsistente che spinge Pressi a una vita notturna che lui detesta e che poi lo lascia delusa quando si accorge che lo scopo di lui era soltanto "dormirle addosso" come un bambino con il suo orsetto di pezza preferito.
Chi conosce la logica della realtà aziendale non faticherà ad identificarsi con la solitudine inquietante di Pressi, al limite dell'esaurimento, senza pulsioni per nient'altro al di fuori della mission (come si dice in gergo) da perseguire, chi non la conosce si sentirà catapultato in una realtà claustrofobica più orrorifica di un qualsiasi horror film e plauderà per la scelta conclusiva del protagonista vincente e da sconfitto nello stesso tempo ma sicuramente un po' fuori dagli schemi che lo avevano ingabbiato dall'inizio della storia.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 10/12/2004
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