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Chiusura della trilogia dei corti pre "Blade Runner" in cui Dave Bautista interpreta il replicante Sapper Morton a dimostrazione che il potere di convincimento di Neander Wallace (si veda il precedente capitolo) ha prodotto gli effetti sperati. Siamo solo ad un anno dagli eventi poi raccontati nel sequel ufficiale ed è un piacere ritrovare la caotica Los Angeles rischiarata a fatica dalle ormai notissime luci al neon. Qui l'ex wrestler, inizialmente in sottrazione con sguardo dimesso, occhialini e barba incolta, interviene di forza nei confronti di un gruppo di teppisti per salvare due donne da un probabile tentativo di stupro. Dirige ancora Luke Scott, bravo a dare velocemente spessore al personaggio e a far risaltare le sempre suggestive scenografie.
Anno 2048 ma sembra di essere fermi a trent'anni prima. Lo scenario in cui si muove Sapper è pressochè identico. Vie strette ed ultratrafficate, babele di lingue e lo stesso tipo di degrado. Sembra che il tempo si sia fermato. Forse il più debole dei tre corti, però devo ammettere che Bautista è bravo. In tale caos umano per un replicante è facile mimetizzarsi.