300 (2007)

A parte gli scherzi:

un’antichità immaginifica, cupissima, d’armamenti risonanti, d’ottoni, di bruni, d’oro, d’urla di guerra echeggianti e di sangue, di frecce persiane che tagliano i cieli come grandine, di mostruosità aberranti, di 300 guerrieri spartani pronti a dare la vita per la Grecia patria.
Sulla trama nulla da dire: semplicemente non esiste. Ma questa mancanza è funzionale se ragionata nella logica di un videogioco (già perché 300 è più simile ad un videogioco che a quant’altro), senza altre pretese, suppongo, se non quella di divertire con qualche costosa e modernissima trovata visiva e coreografica. L’unica differenza è che il joystick lo hanno loro: i 300 eroi spartani. Esagerano forse con il livello di difficoltà: game over.
A tratti riesce nel suo intento, ma solo se si ha l’accortezza di non guardare il vuoto che c’è sotto quell’armature scintillanti; di trattenersi dalle risate di fronte alla superficialità dei dialoghi (che risultano davvero bislacchi anche per chi come me si è prefissato di non curarsene quasi per nulla); e di auto-convincersi infine che non sia infondo poi quella gran stupidata spettacolare senza nessuna idea che sembra o vuol sembrare essere.