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Ehm... no, proprio no... Polpettone melodrammatico noiosissimo e privo di spirito... non discuto sull'interpretazione di Coli Firth che è buonissima (anche se ha fatto di meglio), ma tutto il resto non mi è piaciuto... che marons...
Un film riflessivo, malinconico ed intenso, diretto con grande disinvoltura e profondità dallo stilista Tom Ford, che si avvale di una recitazione fine e di alto livello, con attori di grande talento come Colin Firth e Julianne Moore e di un lato tecnico molto curato e minuzioso, dalla fotografia eccellente e dalla colonna sonora da brivido. Molto ben riprodotti sono anche i costumi indossati dagli attori, così come suggestive e impeccabili sono le scenografie e le ambientazioni in cui prendono luogo le vicende. Il film, oltre ad essere come già ribadito molto ben realizzato, acquista punti forza anche nella sceneggiatura, liberamente ispirata all'omonimo romanzo di Christopher Isherwood, che, dialogo dopo dialogo e scena dopo scena, diviene sempre più intensa e malinconica, con momenti di grande tensione emotiva, imponendo fortemente un messaggio profondo: un messaggio di Vita. Infatti, quando il protagonista, interpretato divinamente da Colin Firth, pianifica, rassegnato, tutto il necessario per la propria dipartita, egli si accorge di come quel giorno specifico, in cui lui stesso per il troppo dolore e per il tormento si stava per togliere la vita, possa diventare per lui importante e più prezioso che mai. Ma proprio quando si ritrova la forza interiore con la quale è possibile rialzarsi e continuare ad andare avanti, quasi per uno scherzo del destino, ecco che si cade a terra e si sospira con un fil di voce: "Alla fine, lei è venuta a prendermi". Epilogo da brividi, per un film ricco di emozioni e di significato, da vedere almeno una volta nella vita.
La trama è simpatica anche se a tratti è imbarazzante come i film di Fantozzi e si lascia guardare anche se non è troppo fluida; ma poi......... CHE NERVI!!
veramente non dovrei dare voto, visto che ci siamo alzati a metà per utilizzare in modo migliore una preziosa ora di vita. Peccato, perchè il soggetto poteva essere anche interezzante e Colin Firth è bravo, non lo scopro certo io, ma tutto è raccontato in maniera irritante, con una regia che ceca di essere "artisitca" ma è solo soporifera. Assistere ad una sfilata di Ford sarà sicuramente più avvincente...
“A Single Man” e’ certamente una pellicola non banale, un’ambiziosa opera prima, ma non un capolavoro. E’ errato a mio avviso intravvedervi una sorta di apologia dell’omosessualità (anzi…), e per alcune buone ragioni: la prima dipende dalle modalità con cui sono offerti, in esordio, alcuni scorci di intimità; la seconda è legata alla collocazione spazio-temporale degli eventi, in un’America lontana, conservatrice, nel pieno della guerra fredda (i riferimenti alla crisi missilistica di Cuba si ripetono con regolarità), e ancora ignara della portata e delle conseguenze dei movimenti giovanili, già all’orizzonte; la terza è legata al fine perseguito senza sosta - quasi ossessivamente - dal regista, ovvero la ricerca del bello, ovunque dimori. In un contesto di questo genere il legame spezzato tra il protagonista ed il partner - per quanto intenso - appare accidentale, quasi una nota stonata in un’atmosfera vintage di pur stucchevole grazia, entro cui nulla risulta eccessivo, ridondante o fuori luogo.
L’esistenza per George, dopo la morte del compagno, ha ormai perduto ogni senso nonostante la corazza di impeccabile distacco e autocontrollo che gli consente di tenere il mondo lontano da sé e di arginare in qualche modo la disperazione. Ma l’incapacità di elaborare il lutto indirizzerà inevitabilmente il suo percorso interiore verso la scelta del suicidio, che egli organizzerà con meticolosa precisione e con una calma irreale. Nel suo ultimo giorno di vita ogni dettaglio, ogni oggetto acquista un significato preciso, così come ogni gesto o incontro occasionale. E sarà proprio uno di questi incontri che gli farà riscoprire l’armonia e il gusto delle piccole cose facendolo uscire dal suo mondo di solitudine narcotizzante e assoluta, anche se il destino beffardo lo inchioderà nel momento stesso in cui sarà pronto per cambiare. La perfezione di ogni inquadratura, lo stile accurato della forma, ingiustamente accusati di esercizio patinato e artificioso, hanno la funzione di congelare la tragedia nel distacco, nel vuoto malinconico del quotidiano in cui il senso di morte ha ormai preso il sopravvento. Non c’è enfasi. Ogni gesto è studiato, misuratissimo. Anche l’eleganza calligrafica dei particolari così come l’ordine maniacale di George hanno più la valenza del rigore in cui si tenta di ingabbiare un’interiorità devastata piuttosto che il puro estetismo fine a se stesso. L’interpretazione di Colin Firth è straordinariamente calibrata e intensa.
Superato il compitino per Tom ford: ecco mi viene da pensare questo dopo la vista del suo esordio cinematografico. Figlio di un magnifico romanzo, questa pellicola dalla fotografia convincente e con attori di razza emoziona poco e annoia un po' di più, con i continui e scontati flashback e con le diverse angolazioni che stancano subito. La scena Moore-Firth è bellissima, la musica più che azzeccata, tutto il resto è fatto bene, ma il pathos è altrove. Peccato. Mezzo voto in più per il finale, e l'ultima frase del film.
ben girato, buoni i personaggi e la storia, in3d sul piano psicologico, naturalmente chi si sente minacciato è libero di votarlo insufficiente.Bravo regista ormai sembra che i sentimenti stiano in certi orizzonti borderline
sarà che l'ho visionato dopo tanti brutti film, specialmente il grande sogno, ma chi conosce ford sa che questo film rispecchia lui al 100%.film gelido, patinato e presuntuoso, esattamente come tom ford che ha messo mano al libro un uomo solo di isherwood.la parte recitata dalla moore è irritante e oggettivamente inutile.bravissimo colin firth che meratatamente ha vinto la coppa volpi per l'interpretazione del gay ingessato dei primi anni 60.film irritante che rispecchia il regista in tutto.bello.
Non posso che concordare con i due commenti sottostanti. E' un film brutto, di cui si salva appena la prima parte. Poi diventa una vetrina patinata, asettica, con una storia da fotoromanzo di terzo ordine condita da patetici flaschback che rallentano la narrazione e appesantiscono in modo palesemente retorico il film (anche perché sono fatti proprio male). La coppa Volpi a Colin Firth può essere meritata (non ho visto al momento gli altri film i cui attori erano candidati al premio), e se non do 2 a questo film è solo per l'interpretazione dell'attore protagonista (anche se verso la fine si gigioneggia troppo tra sorrisini e moine). Da dimenticare anche il personaggio di J. Moore, insolitamente inutile, che ci omaggia di un personaggio fastidioso, interpretato anche in modo quasi caricaturale. Tom Ford farebbe meglio a tornare a disegnare inutili abiti, per inutili signore, da indossare ad inutili feste, anziché dirigere inutili film che fanno sprecare tempo utile alla gente.
Tremendo, la sgradevole sensazione che mi è rimasta dopo la visione di questo patinatissimo, oltre ogni limite sopportabile, film di uno stilista che se si limitasse a vendere straccetti a suon di miliardi sarebbe molto meglio. Se poi il tizio in questione ha il pallino del cinema poco male: faccia il produttore senza ammorbare il prossimo con questi prodotti scadenti. La cosa positiva, va dato atto aldilà della Coppa Volpi, è l'interpretazione di Colin Firth, oltre a questo il nulla, però patinato. Il film sostanzialmente è una sfilata di moda inizio anni '60 con tutti gli accessori dei vestitini al loro posto, con le faccette che provengono direttamente dalle sfilate di moda e quegli ammiccamenti a Morte a Venezia della prima parte completamente fuori luogo. Inoltre di fuori luogo c'è (e questo dispiace) l'interpretazione irritante di Julianne Moore, anche se in sintonia con il tono del film che non commuove, non emoziona, ma irrita quello sì. E poi la perla finale:
La morte del protagonista per un infarto. Ora premetto che non sono un medico, però quando hai il malore la fitta dovrebbe essere il braccio sinistro, Perchè invece la fitta prende il braccio destro?
In definitiva il signor Ford continui a fare solo ed esclusivamente lo stilista, non propinarci 10 numeri di Vogue d'epoca messi insieme.
Mah alla fine voglio credere nella buona fede dell'autore mentre dispensa pillole (o viagra?) di mal de vivre pensando un po' ad Isherwood e un po' alla prossima sfilata autunno-inverno e ai suoi modelli... il film regge tutto sulle spalle del protagonista, premiato a Venezia, anche se resta sostanzialmente mediocre nel suo approccio stilistico: intendiamoci, un esordio rispettabile per uno stilista, tanto impeccabile nei suoi vaghi umori sixties che sembra sempre che ci sia qualcuno dietro l'angolo pronto a offrirti uno Cherry o un Manhattan... l'epilogo del film, poi, così piattamente televisivo è da cancellare in toto. La Moore, completamente fuori posto, è talmente snob e odiosa da giustificare le "preferenze" del protagonista. Invero ci sono altri momenti azzeccati, come le prime immagini dopo il lutto del protagonista, e i dialoghi con un suo studente. Peccato che l'enfasi melodrammatica non riesca a dare un esito del tutto positivo alla rappresentazione drammaturgica, Mametiana, di questa solitudine