Ambientato durante la seconda guerra mondiale, la storia riguarda un gruppo di soldati ebrei prossimi all'esecuzione comandati dal tenente Aldo Raine (Brad Pitt), quando ottengono invece una chance per salvarsi: riportare con sè cento scalpi nazisti. Il gruppo sarà impegnato anche nell’operazione Kino, durante la quale dovranno attaccare il nemico mentre viene presentato, a Parigi, un film di propaganda, alla presenza di Joseph Goebbels, uno dei principali gerarchi nazisti.
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Il motore della storia in “Bastardi senza gloria” è più o meno lo stesso di Pulp Fiction e Kill Bill (gli unici due film di Tarantino che ho visto fino ad ora), cioè la vendetta, la rivalsa, il regolamento di conti, la distruzione reciproca. Anche qui si cerca di togliere la storia da ogni contesto di verità per consegnarla alla fantasia e al divertimento dello spettatore qualunque, come pure all’immaginario cinematografico degli appassionati. Anche qui Tarantino cerca di fare (volontaria) mostra del suo grande talento e bravura (peraltro indiscutibili). Le intenzioni ci sono tutte per raggiungere questi obiettivi e devo dire che vengono senz’altro raggiunti; però qualcosa sfugge di mano al regista, passa qualcosa che forse non è voluto e che rivela suo malgrado l’intima natura della sua operazione artistica. Ci fa capire che il nostro modo di pensare o di vivere (occidentale, democratico) indirettamente giustifica l’atto terroristico alla kamikaze e comunque qualsiasi atto o forma di violenza (anche gratuita) per una “giusta” causa. C’è poi l’evidenza che nel mondo umano esiste solo il dominio assoluto dell’interesse egoistico e personale, una guerra senza esclusioni di colpi fra individui o gruppi di individui, dove fidarsi del nemico o farsi commuovere significa soccombere inesorabilmente e senza pietà. Certo non c’è niente di serio nei suoi film, è tutta fantasia, è solo una specie di “fiaba”; però personalmente sono convinto che le fiabe non siano altro che metafore della realtà, che addirittura siano più reali del vero e che rappresentino al meglio la parte oscura e nascosta (ma presente) nell’animo umano, come pure ciò che ci farebbe piacere considerare reale. Finché Tarantino ambienta le sue storie nel mondo del fumetto o dei generi cinematografici di “serie B” è in una botte di ferro: è facilissimo far diventare la violenza e la strage qualcosa di fittizio o figurato e quindi poterne godere senza rimorsi. L’operazione è più delicata quando si scende nel campo della storia accaduta e quando si sceglie di mettersi a confronto con i mostri sacri del cinema “classico”. Certo, ha scelto il periodo nazista che ormai appartiene più al mito che alla memoria effettiva (quasi più nessuno riesce a rappresentarsi con esattezza l’immage tragedia di quegli anni), però l’ambientazione simil-reale spinge a derogare alle intenzioni del regista e a osare fare paralleli con avvenimenti realmente accaduti, guarda caso molto simili a quelli rappresentati nel film. A me l’ultimo episodio mi è sembra come una (in)-(volontaria?) citazione dei fatti del Teatro Dubrovka di Mosca in cui un gruppo di terroristi ceceni imbottiti minacciò di far saltare il teatro, giusto con lo scopo di fermare la guerra. Anche loro pensavano di essere dalla parte della “ragione” e che con il loro atto avrebbero risparmiato altre stragi. Può darsi che lavori troppo di fantasia ma penso che l’esultanza per la scena finale non sia differente da quella che possono avere tanti che esultano nel reale per l’ennesimo attentato suicida che falcia dei “nemici”. Certo questo è un film, la storia è una fiaba, però il meccanismo della “soddisfazione” scatta comunque. Niente di male, è semplicemente un ammettere in maniera indiretta che tutto sommato pure noi non avremmo niente in contrario a imprese terroristiche kamikaze se sono a “fin di bene”. Anche citare mostri sacri che hanno girato film in epoca nazista non depone bene nei confronti delle scelte di Tarantino. “Sabotaggio” di Hitchcock (direttamente citato) è un film che condanna nettamente il terrorismo come atto in sé, in maniera inappellabile. Nel “Grande Dittatore”, nell’episodio della moneta nel budino, Chaplin fa commentare così l’idea di un attentato suicida: “far saltare i palazzi, uccidere gente; non abbiamo già abbastanza guai per conto nostro?” All’epoca evidentemente avevano le idee chiare in merito. Un’ombra sui film di Tarantino viene gettata anche dal filmino proiettato in sala davanti ai nazisti divertiti e festanti. Si tratta di un filmino Serie B di sola violenza, in pratica di stile pulp. Non è un parallelo onorevole per gli appassionati di questo genere di film. Se devo dare un consiglio spassionato a Tarantino, gli raccomanderei di tornare nel mondo della finzione per raccontare le sue storie (cosa che sa fare in maniera sublime) e di lasciare stare la Storia, altrimenti il film gli può sfuggire di mano. Se proprio ci tiene al reale, non ha che l’imbarazzo della scelta. Ci sono così tanti episodi che sono veri e propri racconti pulp semplicemente nel loro svolgimento effettivo; uno su tutti: la vicenda della scuola di Beslan. Purtroppo la realtà sa essere infinatamente peggio di un film splatter e in fondo il piacere nel vedere corpi straziati e stragi “eroiche” non appartiene esclusivamente al solo mondo della fantasia.