i cattivi dormono in pace regia di Akira Kurosawa Giappone 1960
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i cattivi dormono in pace (1960)

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locandina del film I CATTIVI DORMONO IN PACE

Titolo Originale: WARVI YATSU HODO YOKU NEMURU

RegiaAkira Kurosawa

InterpretiToshiro Mifune, Takeshi Kato, Takashi Shimura, Masayuki Mori, Kyoko Kagawa, Tatsuya Mihashi, Ko Nishimura, Kamatari Fujiwara, Chishu Ryu

Durata: h 2.31
NazionalitàGiappone 1960
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1960

•  Altri film di Akira Kurosawa

Trama del film I cattivi dormono in pace

Tokyo, 1960: Kôichi Nishi, figlio di un finanziere costretto al suicidio per non perdere l'onore, architetta un piano diabolico per portare alla rovina il responsabile della morte del padre, il corrotto vice presidente della Public Corporation Iwabuchi. Per smascherarlo e trovare le prove della sua corruzione, Nishi si insinua nella sua vita privata e lavorativa, divenendone prima il fidato segretario, poi il genero, dopo averne sposato la figlia Yoshiko. Nishi appare disposto a tutto pur di vendicare il padre, ma finirà per trovarsi impelagato in un affare troppo grande anche per lui.

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Voto Visitatori:   7,94 / 10 (9 voti)7,94Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
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Voti e commenti su I cattivi dormono in pace, 9 opinioni inserite

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kafka62  @  18/04/2018 09:06:20
   7 / 10
"I cattivi dormono in pace" ha non pochi punti in comune con l'Amleto shakespeariano. Anzitutto, il personaggio di Nishi, con il suo lucido e incrollabile desiderio di vendicare il padre, sembra ricalcato su quello del principe di Elsinore; e, come fa notare acutamente Richie, paralleli nient'affatto azzardati possono instaurarsi tra Iwabuchi e Claudio, tra Yoshiko e Ofelia, tra Itakura e Orazio, e così via. In secondo luogo, la ingegnosa messinscena del delitto (la torta nuziale raffigurante il palazzo governativo da cui era stato costretto a gettarsi Furuya), ideata per mettere con le spalle al muro i veri colpevoli, ricorda la rappresentazione teatrale che Amleto allestisce per smascherare l'usurpatore Claudio. Tutto ciò non deve stupire, se si pensa che Kurosawa è sempre stato attratto dal mondo poetico del Bardo, al punto da voler fare de "Il trono di sangue" un Macbeth in versione nipponica e da ispirarsi largamente al Re Lear per il suo "Ran". Persino la costruzione narrativa del film è in qualche modo influenzata da un'organizzazione di stampo teatrale: basti pensare a quel vero e proprio coro (i giornalisti) che introduce, come in un dramma antico, la storia principale (e tra due cronisti c'è addirittura il seguente scambio di battute: «Che strano matrimonio!». «Strano? E' la migliore commedia in un atto che abbia mai visto». «Commedia in un atto? Non è altro che il prologo»); o al frequente ricorso a situazioni e figure retoriche della tragedia classica; o ancora ai lunghi monologhi – come quello finale di Itakura – di chiara impronta teatrale.
Il secondo filone, apparentemente inconciliabile col precedente, da cui il film è ispirato è quello del cinema di genere, in particolar modo il thriller hitchcockiano. Numerosi sono infatti gli episodi di suspense, le sequenze ad effetto ritardato e i colpi di scena: tra i tanti, la falsa morte di Wasa, la trappola tesa ai danni di Shirai, la scoperta che Nishi è il figlio naturale di Furuya, il rapimento di Moriyama. Il modo in cui Nishi si infiltra nella famiglia di Iwabuchi, recitando alla perfezione il ruolo del genero irreprensibile, e il lancinante dissidio tra dovere e amore da cui è dilaniato, fanno inoltre sì che "I cattivi dormono in pace" risulti alla fine saldamente imparentato nientemeno che con il più famoso modello del genere, "Notorious".
Come già in "Cane randagio", Kurosawa, mentre da una parte non esita ad attingere a piene mani all'immaginario consolidato del cinema del passato, dall'altra si diverte a scompaginare le aspettative legittimamente ingenerate nello spettatore, disorientandolo con continui (e originali) cambiamenti di direzione. Il film inizia infatti con una lunga ed elaborata messa a fuoco della storia dall'esterno (un pranzo di matrimonio commentato con cinico sarcasmo da un gruppo di giornalisti i quali – come si è detto – hanno la stessa funzione del coro di una tragedia greca), prosegue come un anonimo film-inchiesta (l'allargarsi dello scandalo, i titoli sui giornali, i suicidi dei funzionari coinvolti), si trasforma quindi in un vero e proprio giallo (con il personaggio di Nishi, finora in disparte, che assurge a protagonista principale) e sfocia infine in una dimensione di apologo morale (che fa emergere, tra l'altro, il dilemma fondamentale di Nishi: per poter odiare il male è necessario lasciarsene impregnare, "diventare noi stessi delle carogne"). All'interno di questa struttura camaleontica, Kurosawa è poi capace di prendersi libertà narrative del tutto inattese, quali la scelta di far accadere il momento topico del film – la morte di Nishi – fuori scena. "I cattivi dormono in pace" appare perciò un'opera riuscita non tanto per l'abilità tecnica dispiegata (la quale viene anzi addirittura sacrificata a un assoluto e quasi impersonale mimetismo registico) o per la sua forza di incidere sulla società del tempo (Kurosawa appare in ciò superato da giovani registi come Oshima o Imamura), quanto per questa grande capacità di narrazione, discontinua e sregolata quanto si vuole, ma ricchissima di spunti tematici, riferimenti culturali e mutamenti di prospettiva.

Filman  @  30/09/2016 15:28:42
   9 / 10
Con un ennesimo salto nell'attualità e nel gendai-geki, segno di una mente costantemente concentrata a ciò che succede al Giappone moderno, formato e deformato dopo la Seconda Guerra Mondiale, Akira Kurosawa firma un thriller moderno cronologicamente notevole, che nella pratica è un noir finanziario che potrebbe anticipare quello politico, e non a caso risultò una pellicola scomoda, nella sua critica generalizzata di brillante inventiva. Sotto questo aspetto sensazionalistico, WARVI YATSU HODO YOKU NEMURU (The Bad Sleep Well) riassume la concretezza altisonante del cinema più autoriale di Kurosawa, oltre che la sua estetica narrativa geometricamente poetica, fatto di personaggi psicologicamente profondi e naturalizzati, memorabili nella loro scrittura e rappresentazione, e ambientato in un decennio simbolo del progresso economico sfrenato, visto con la giusta ossessione per una società in via di smarrimento di ogni principio morale.

Ch.Chaplin  @  30/11/2014 15:25:51
   9 / 10
Giappone 1960 - Europa 2014. Una sola domanda. E' cambiato qualcosa?
La pretesa di Kurosawa è quella di raccontare le umane emozioni attraverso una trama politica. Inutile dire che riesce in pieno nel suo intento.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  01/05/2011 19:40:27
   7½ / 10
Ottimo lavoro di denuncia sulla corruzione della società Giapponese dell'epoca da parte di un Kurosawa sempre lucido e attento,che riesce a calare la vicenda in un contesto realistico ma infondendo sempre echi da tragedia sheaksperiana per quel che concerne i dilemmi dei suoi personaggi,combattuti tra mille dubbi ed incertezze.
Pur non essendo un lavoro sempre perfetto ed omogeneo,e infatti dura troppo calando nella parte finale e diventando eccessivamente drammatico,rimangono scene grandiose: il prologo è la parte migliore,introduce perfettamente ciò che si vedrà per le due ore e mezza di pellicola. Si disvela troppo lentamente la trama principale,risultando non tanto confusionaria da seguire quanto frustrante fino alla rivelazione che non sto qui a svelare,più o meno a metà film...
Il tono,almeno per tre quarti di durata,è un misto tra giallo satirico e thriller per poi calare leggermente,come già scritto,nella parte finale.
Molto amaro e pessimista,uno di quei film destinati ad avere sempre successo nel tempo perché di denuncia quando uscirono all'epoca,e mantenendo inalterata questa loro caratteristica risultano un'ottima occhiata su quella che era la società giapponese delle persone potenti,tra il suicidio d'onore e personaggi esplorati a fondo; Kurosawa è bravissimo nel non cadere nella trappola dei cattivi puri e semplici,anzi ci mostra lati del loro carattere contraddittori. Lo stesso vale per chi questi cattivi li vuole affossare. Insomma,gli innocenti subìscono e i cattivi alla fine...dormono in tutta tranquillità.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Tumassa84  @  04/03/2011 07:10:55
   8 / 10
Gruppo REDAZIONE amterme63  @  29/04/2010 23:18:21
   8 / 10
Il rischio di questo film è quello di non avere sullo spettatore lo stesso effetto che ebbe quando uscì nei cinema giapponesi nel 1960. Si tratta infatti di un film legato a doppio filo alla realtà politica giapponese dell’epoca. Bisogna quindi essere un pochino addentro alla storia e alla politica giapponese per poter capire bene.
Bisogna dire che da film-denuncia legato a singoli fatti si è trasformato con il tempo in un ottimo film-illustrazione di un’epoca storica (un po’ come i film italiani di attualità politica usciti negli anni 60-70).
Comunque un film di Kurosawa non è mai un film di genere e basta. Anche in questo film sono tirati in ballo conflitti umani, vengono rappresentate in maniera forte e intensa esperienze personali. In ogni film di Kurosawa c’è sempre lo stimolo a riflettere e a prendere posizione su temi universali (in questo caso se sia lecito o no usare gli stessi mezzi delle persone che si vogliono combattere, se si ha o no il diritto alla vendetta oppure se sia meglio usare il perdono, ecc.).
L’ambiente descritto è quello dei potenti e dell’alta finanza e lo scopo è quello di dimostrare che nonostante la grande ricchezza e la raffinatezza, dietro tutti i comportamenti c’è (come nei bassifondi) l’opportunismo, l’egoismo, il cinismo, lo sfruttamento altrui. La ricchezza e il potere non migliorano l’uomo, anzi si diventa più pericolosi e più dannosi perché si agisce in grande scala condizionando un’intera società.
Lo scopo era appunto quello di denunciare una stortura sociale del Giappone del dopoguerra. Come in Italia il potere era affidato a un grande partito populista e paternalista che “comprava” e riceveva favori. L’economia stessa seguiva questa linea di scambio di favori reciproci e la corruzione era all’ordine del giorno. In Giappone poi era stata riesumata da parte delle grandi concentrazioni economiche la vecchia etica feudale e militarista che vedeva i sottoposti giurare fedeltà assoluta ai superiori, fino a sacrificare loro la vita. Era normale leggere sui giornali di “suicidi” avvenuti in circostanze sospette. Ovviamente tutti sapevano ma nessuna parlava o aveva il coraggio di parlare. Non c’erano riscontri fattuali (in Italia come in Giappone).
E’ contro questo circolo vizioso (accettazione passiva delle regole generali, adeguamento al malcostume, impunità garantita) che lancia il suo grido artistico Kurosawa. Lo fa raccontandoci la storia di Nishi, un figlio di uno di questi “suicidati”, il quale architetta un piano diabolico per smascherare l’artefice delle trame illecite (il direttore di un ente pubblico), insinuandosi nella sua famiglia (ne sposa la figlia). Lo scopo finale è quello di denunciare lo sporco gioco all’opinione pubblica e far svegliare la gente, convincerla a non subire più e a ribellarsi apertamente.
L’impresa però non è facile. La zavorra dei doveri introiettati è troppo forte e non è facile convincere un impiegato ligio e fedele che è prima di tutto un essere umano indipendente e autonomo e non una marionetta guidata dall’alto. Ci sono poi grossi conflitti etici all’interno del protagonista stesso. Per poter portare a termine il piano deve diventare cattivo, deve imparare a odiare, cedere al cieco istinto della vendetta (altra tradizione giapponese che Kurosawa critica) e soffocare ogni altra ragione umana (l’amore per la figlia della persona che odia). Questa trasformazione però non riesce, l’umanità ha alla fine la meglio ed è purtroppo una debolezza che lo porterà alla rovina. Le scelte “nobili” non sono automaticamente le scelte vincenti.
Stilisticamente questo film appartiene alla serie dei film eclettici e di stampo teatrale. Si comincia distaccando lo spettatore dai protagonisti, grazie al fatto che i personaggi sono presentati da testimoni (dei giornalisti), facendoli così subito apparire come falsi e ipocriti e inquadrando bene l’ambiente in cui si svolge la storia. Poi si passa a scavare nelle ragioni personali di Nishi, a vivere in presa diretta i suoi intensi conflitti interiori, nonché la spregiudicatezza e il cinismo dei “grandi papaveri”. Nel finale il punto di vista diventa quello di persone che testimoniano il valore etico di Nishi, la vittoria che arride ai “cattivi”, pagata però con la sconfitta umana e con la perdita dei pochi affetti cari che rimanevano loro.
Il tutto è svolto tramite grandi quadri statici, come se si trattasse di una successione di scene teatrali. Tra l’altro qui Kurosawa evita accuratamente l’uso dei flashback e fa raccontare le scene del passato a voce da parte degli attori (e non visivamente come avveniva in Rashomon).
Si conferma grande attore, come al solito, Toshiro Mifune, ma la recitazione che mi è piaciuta di più è stata quella del “cattivo” anziano direttore dell’ente pubblico, interpretato da un irriconoscibile Masayuki Mori.
Il film è molto lungo, statico, lento e pesante – questo viene da provare di primo acchito appena visto il film; solo che i film di Kurosawa vanno fatti “depositare” in testa e di solito ritornano in mente e frullano per giorni e giorni. Così anche per questo film, che alla fine mi ha lasciato l’impressione di una grande esperienza di vita, un’arricchimento interiore e uno splendido spettacolo d’arte cinematografica.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  19/03/2008 09:27:39
   7 / 10
Un giallo secondo me senza infamia nè lodi, tutta la parte iniziale presenta dei diffettucci di sceneggiatura, prolissa e ricca di troppe sfaccettature che tendono a confondere lo spettatore, forzandolo ad una visione estremamente attenta, negando la possibilità di tralasciare un solo particolare, un solo nome.
Il film è per il resto francamente lungo, stabilizzandosi sui più classici stereotipi del genere con qualche influenza espressionista Wellesiana, la critica ironica di Kurosawa tende verso il finale alla morale un pò retorica.
Anche il personaggio che interpreta Toshiro Mifune non rende onore alle reali capacità dell'attore giapponese.
Sicuramente si tratta di una buona pellicola nel complesso, ma lo script a mio avviso non è tra i più riusciti di questo incredibile cineasta.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  27/08/2007 01:14:24
   8 / 10
Il boom economico del Giappone e la nascita o trasformazione di una classe dirigente compromessa con la corruzione, sete di potere e avidità. Kurosawa costruisce un intreccio shakespiriano molto vicino all'Amleto per mostrare i meccanismi del degrado etico dilagante dietro all'apparente benessere economico, evidenziando anche il carattere di denucia della pellicola stessa. Ottima la caratterizzazione dei personaggi principali, attenti a trasparire le minime sfumature nello stupendo inizio del banchetto nuziale.

Crimson  @  03/01/2006 23:38:46
   8 / 10
Uno dei pochi "gialli" girati dal regista. Kurosawa riteneva che in linea di massima aprire un film con un prologo troppo elaborato non fosse una buona idea: ebbene, in questo film si smentisce in pieno! infatti c'è il prologo più complesso, uno dei più lunghi (il più lungo credo sia quello di "anatomia di un rapimento", vergognosamente tagliato nell'edizione italiana) e forse il più bello dei suoi trenta film. Si tratta di circa 20 minuti intensi, in cui vengono presentati tutti i personaggi (molti) che compongono questo dramma (una sorta di "Amleto" dei giorni nostri) mediante l'espediente della festa di matrimonio tra Shino e Nishi. Quest'ultimo è il protagonista (Toshiro Mifune): persona apparentemente fredda e calcolatrice, vuol vendicarsi del suicidio del padre contro i responsabili della società per cui quest'ultimo lavorava, e nella quale egli riesce ad entrare sotto false generalità tramite il matrimonio con la figlia (Nishi) del presidente (Iwabuchi).
Descrivere tutti i personaggi è difficile, mi limito a poche parole per ognuno: Nishi come detto rappresenta il motore della vicenda: un uomo di grande integrità morale, analizzato in modo impeccabile e profondo, specie nella seconda parte del film, tramite il racconto del proprio passato o il dubbio sulla propria condotta: fino a che punto è giusto il male da compiere per vendetta? in realtà ama Nishi, anche se si sente giustamente in colpa perchè si serve di lei per compiere il suo piano. Nishi è una delle più grandi eroine kurosawiane: donna fragile, umile, fin troppo ingenua ma così buona, così dannatamente positiva! Tatsuo è attaccato quasi morbosamente alla figlia: quando scopre che Nishi ha nascosto il proprio passato e pensa erroneamente che quest'ultimo si serva soltanto di Nishi per uccidere il padre (che pur odia) s'immischia nella vicenda e complica ulteriormente tutto.
E' un film intricatissimo, congegnato fin troppo bene. Oltre alla vendetta c'è il tema dell'attacco al potere (in un periodo di espansione economica del Giappone), del rapporto tra esseri umani, della meschinità. Quali sono i difetti? qualche scena un pò troppo melodrammatica, e qualche sentimentalismo un pò troppo dilatato (la considerazione di Tatsuo per Nishi è troppo assurda, così come quella che ha l'amico per Shino!).
Finale tragico, ma non del tutto negativo. Iwabuchi torna a dormire in pace, ma con quale coscienza?

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