Nel 1916 Rosy, la figlia di Tom Ryan, l'uomo più ricco di Kirrary, un misero villaggio irlandese, tradisce il marito con un ufficiale inglese. Una notte nel villaggio sbarca un peschereccio tedesco che trasporta un carico d'armi. Destinatario delle armi è Tom O'Leary, eroe della rivoluzione irlandese, ma...
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Potrebbe essere definito un Dottor Zivago minore. Gli intrecci di base infatti sono abbastanza simili, seppure le storie rappresentino evidenti differenze. La poesia e la bellezza di Zivago sono distanti, ma devo dire che nonostante il tipo di trama non sia proprio nelle mie corde, il film mi è piaciuto parecchio.
Ritmi blandi, ma la bellezza disarmante dei paesaggi e della fotografia non lo rendono mai noioso nonostante le oltre tre ore di durata (a Lean i film corti evidentemente non sono mai piaciuti). Stranamente ho fatto più fatica con "Lawrence d'Arabia" che sulla carta era un film più in linea con i miei gusti, ma ne "La figlia di Ryan" funziona molto bene anche la caratterizzazione e l'approfondimento dei personaggi, cosa che in Lawrence mancava un po'.
Chiaramente un film non adatto ad un pubblico orientato al cinema più moderno, ma a mio parere una buonissima pellicola e una inaspettata sorpresa.
Un film poco parlato, dove gli sguardi, i paesaggi, le ambientazioni dicono tutto ciò che è necessario. La storia non è per nulla originale in sé, un tradimento è la cosa più stupida che possa essere portata sullo schermo, ma quello che è interessante è come viene posta la situazione, le simbologie, la faccia dell'ufficiale inglese che sembra una maschera, quella cicatrice sull'occhio che ne accentua il mistero e il fascino. Quell'incontro fortuito di lei, in mezzo ai gigli bianchi, che saluta lui nel chiaro di luna, il primo incontro dove le uniche cose che si vedono sono i reciproci sguardi, con la fotografia che oscura tutto l'ambiente circostante. Insomma, è la confezione del tutto, che fa di questo film un gioiellino.
E' anche un film cattivo, diciamolo, assolutamente non un film sentimentale.
Confesso, l'ultima scena ho dovuto resistere parecchio per non farmi gocciolare gli occhi: lo sguardo pieno di sconcerto di Michael, "lo scemotto" del villaggio, rigato di lacrime. In quello sguardo, tutta la pietà, tutto il candore di un cuore innocente.