l'amante (1970) regia di Claude Sautet Francia 1970
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l'amante (1970)

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locandina del film L'AMANTE (1970)

Titolo Originale: LES CHOSES DE LA VIE

RegiaClaude Sautet

InterpretiMichel Piccoli, Romy Schneider, Lea Massari, Gèrard Lartigau, Jean Bovise, Boby Lapointe

Durata: h 1.29
NazionalitàFrancia 1970
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 1970

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Trama del film L'amante (1970)

Dal romanzo di Paul Guimard. Ingegnere, sposato, con figlio e amante, ha un incidente d'auto che gli costa la vita. In qualche secondo rivede sfilare tutta la sua esistenza.

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Voto Visitatori:   7,67 / 10 (3 voti)7,67Grafico
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Voti e commenti su L'amante (1970), 3 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Goldust  @  01/06/2021 17:23:57
   6 / 10
Tempi dilatati ed una strana struttura temporale per un dramma amoroso che si interroga sulle tortuosità dell'esistenza e la difficoltà di percorrere certe strade sentimentali. Prima del finale traboccante di umanità c'è tempo di annoiarsi un pò negli infiniti rivoli personali del protagonista ed è per questo che non catalogo questa pellicola tra le più riuscite di Sautet.

Crimson  @  23/09/2011 18:48:11
   8 / 10
Il titolo originale sarebbe ‘Le cose della vita' ma nella versione italiana è stato tradotto in maniera pessima. L'amante a cui si allude, il personaggio interpretato da Romy Schneider, non è assolutamente la protagonista della vicenda.
Chissà se in tale scelta sciagurata del titolo c'entri qualcosa uno dei primi film post-Sissi di Romy, ovvero ‘Christine', anche in questo caso stravolto solo nella versione italiana nel melenso ‘L'amante pura' (il film che ha fatto innamorare la Schneider e Alain Delon, ndr).
Poco importa, era importante premettere che "le cose della vita" è realmente calzante come titolo per rendere l'idea di quanto sia sottile stabilire spesso l'importanza da attribuire alle persone di cui ci circondiamo nell'idea e nella realtà che c'imponiamo di perseguire nel corso della nostra vita.
Pierre nella sua quotidianità è arrivato ad un punto in cui non ha decisamente le idee chiare. Si crea forse troppi arzigogoli, destruttura ogni riflessione, e questa incertezza permanente si riflette sul rapporto con la sua nuova compagna Hélène.
Ad incrementare questo senso di dispersione è il legame ancora vivo con il figlio e la moglie.
Non sono i personaggi di contorno (come anche il padre e un collega) a esercitare pressioni di particolare rilievo sul protagonista o addirittura ad essere dispotici, tutt'altro, essi vengono dipinti come figure marginali e soggetti alla volontà di questo medio borghese apparentemente deciso e autorevole.
Ad una descrizione peculiare dei risvolti psicologici del protagonista segue dunque un'analisi volutamente mai troppo approfondita dei personaggi che gli ruotano attorno. Soltanto Hélène è scolpita con un certo acume proprio per determinare le prime idiosincrasie caratteriali che sottendono al legame della coppia protagonista, a richiamare un processo di acredine significativamente crescente già precedentemente in corso d'opera.
Il primo punto di svolta in questa narrazione avviene quando Pierre con molta naturalezza promette al figlio una breve vacanza da trascorrere assieme.
Il litigio in auto con Hélène (anticipa già una sequenza memorabile di Un cuore in inverno) è una vera perla di sceneggiatura (scritta a più mani come sempre, specie nei primi film del regista) e segna un marginale distacco nella coppia.
Il secondo e definitivo punto di rottura il film l'aveva già anticipato proprio nell'incipit, quasi a presentarlo e ad innalzarlo immediatamente come vero e proprio spartiacque: è l'incidente che occorre a Pierre. Ripreso da ogni angolazione, smontato, rimontato, rimodellato. Materia che si crea e si distrugge. Viene evidenziato in maniera soffocante, ossessiva, il labile confine tra il momento antecedente all'incidente e quello immediatamente successivo, per poi penetrare nel suo mentre. Tutta questa laboriosissima frammentazione è un esercizio registico di grande spessore che intende catalizzare la massima attenzione proprio sul significato di quel mentre che si estende ai momenti in cui Pierre è riverso a terra e quando è nell'ambulanza.
Nel limbo, tra la vita e la morte, egli non riesce già più a parlare a ciò che è in vita.
I soli imput uditivi non lo scuotono. C'è un cordone ombelicale che sta per essere reciso.
Pierre, dunque, in questo stadio indefinito comincia a provare una sensazione sempre più netta di ciò che vorrebbe che accadesse nella realtà. E' un paradosso! Durante la propria vita l'indecisione l'aveva inghiottito, al pari di quella magistrale carrellata velocissima che ci mostra quanto la strada che ha da percorrere si allunghi a dismisura, si deformi, e la meta agognata sia irraggiungibile. La camera si sposta sui cespugli, tutto scorre ad una velocità impareggiabile.
Nella vita antecedente al limbo, sorta di stadio semicosciente, Pierre aveva desiderato che la propria volontà si muovesse in diverse direzioni, dettando le regole del gioco.
La riflessione non si fonda tanto sul valore del destino, anzi sarebbe sciocco liquidare questa tensione creativa in questa direzione.
Piuttosto appare evidente come nella profondità di uno stato percettivo distorto per Pierre diventi tutto più chiaro e focalizzato rispetto a come gli apparisse nella realtà di tutti i giorni, in un mondo ‘superiore' in cui il valore della strategia e del compromesso, così come del ripensamento, era di prim'ordine.
In quei momenti che lo separano dalla morte per Pierre diventa assolutamente certo che ora la prima cosa da fare è strappare quella lettera. Un ultimo pensiero per Hélène: che non pensi ciò che lui avrebbe prima voluto ma poi riponderato, in qualche modo un pensiero che viene inconsciamente accolto da Catherine che si fregia di un gesto di grande solidarietà femminile e umanità per lenire un dolore incommensurabile.
E' il primo film del regista con due grandissimi come Michel Piccoli e Romy Schneider, la coppia si ripeterà affiatatissima nel successivo ‘Il commissario Pellissier', un film che ho apprezzato ancora di più.

3 risposte al commento
Ultima risposta 23/09/2011 22.35.44
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Gruppo COLLABORATORI atticus  @  21/06/2011 00:36:45
   9 / 10
Purtroppo il titolo italiano non rende l'essenza vera del film, che parla appunto delle 'cose della vita' che si cercano, che si perdono, che si rimpiangono.
Un film letteralmente straordinario, la summa della poetica di Sautet, capace di passare tra stati d'animo differenti attraverso una struttura piena di rimandi tra presente e passato (e immaginazione) senza mai perdere di vista né le psicologie dei personaggi né le sfumature di una storia a prima vista abusata ma in realtà indagata nel profondo, con una sensibilità e una raffinatezza che stringono il cuore.
"Non so amarti, non so parlarti, ma so andare via" e poi "ti lascio", ma prima "mi ami perché sono qui ma se dovessi attraversare la strada per raggiungermi rinunceresti", e così via in queste strade dei sentimenti che porteranno ad un incidente inevitabilmente decisivo.
Memorabile tutta la parte finale, il bilancio di una vita nel delirio dei sensi, struggente la corsa dell'amante Romy in ospedale e la scelta della moglie Massari di strappare la lettera d'addio.
Attori in totale stato di grazia, impensabile un altro cast: Piccoli è davvero magistrale così come la malinconica Lea Massari, e Romy Schneider era un miracolo di bellezza e talento, l'ansia dell'attesa e la paura dell'abbandono si riflettono in uno sguardo indimenticabile.
Capolavoro, da ritrovare ad ogni costo.
Rifatto da Mark Rydell nel deludente "Trappola d'amore" (che poi era il titolo del romanzo da cui è tratto).

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