Una sceneggiatrice televisiva dal carattere alquanto schivo e riservato, vive solo per il suo lavoro e per la sua grande ossessione: l'opera del celebre compositore Ludwig Van Beethoven.
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L'unica cosa che si percepisce tra le righe di questo film è la presunzione del suo autore. Tempo fa si faceva cinema d'avanguardia, che il più delle volte era autoprodotto, underground, relativo ad esperienze psichedeliche, mistiche, filosofiche, tossiche, etc. Questo film di Battiato, che vorrebbe essere una sorta di ricerca biografica su Beethoven, non è nè underground nè autoprodotto: c'è di mezzo persino RAI Cinema. Battiato ci ha semplicemente messo di tutto, dentro. Tutti i suoi fantasmi culturali. Ma se ci metti tutta sta roba (meccanica quantistica, Beethoven, mistica, discorsi - qualunquisti - di politica salottiera, ecc.) in una canzone sei un genio. Se ce la metti in un film senza scegliere un percorso estetico preciso fai solo una schifezza. E la presunzione di Battiato finisce per mandare in frantumi ogni regola cinematografica, senza peraltro avere nulla di eversivo e rivoluzionario dalla sua. Solo pensieri buttati lì. Si salva solamente Antonio Rezza, grande come sempre, in un suo piccolo cameo. E' bene che ognuno faccia il proprio mestiere.