Un sassofonista, dopo aver ricevuto da uno strano individuo cassette in cui viene ripreso in casa sua durante la sua vita quotidiana, viene accusato dell'omicidio della propria moglie. Ma, una volta in carcere, si trasforma in un'altra persona, che viene scarcerata e inizia una vita in qualche modo parallela a quella precedente...
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Ecco quando l'estro visionario di Lynch, pur sempre nell'incomprensione onirica più totale, diventa genialità anziché puerile narcisismo ed autocompiaciuto esibizionismo senza un perché ("Cuore Selvaggio"). Il regista, in quello che ad oggi rimane uno dei thriller/horror più singolari degli anni 90, accompagna uno spettatore sotto ipnosi totale (fotografia ed utilizzo del sonoro impeccabili) in un universo allucinato allo stato puro dove realtà e finzione si accavallano e si distorcono riflettendo, in maniera che più tangibile non si può, la percezione stessa della mente malandata del protagonista. Assimilare qualcosa che trovi un briciolo di logica o razionalità è impossibile; ma il senza senso può trovare un senso, e quale è, se è, se lo decide lo spettatore. Poi, senso o meno, il film rimane comunque un'esperienza cinematografica di quelle che, se si apprezza, non si scordano più, quantomeno per l'abilità del regista di far cadere in trance il "malcapitato" di turno con una meticolosità di competenze tecniche di classe superiore ed un tatto eccezionale nella costruzione della suspense.
In conclusione, non capire niente in un film può essere maledettamente divertente (o inquietante), se lo stile è visibilmente complementare con la storia, con l'atmosfera, con la natura dei personaggi, o con tutti e tre assieme (come in questo caso); ad ogni modo, devo dirlo, per me "Velluto Blu" è altra roba.