venere nera regia di Abdellatif Kechiche Francia, Italia, Belgio 2010
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venere nera (2010)

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locandina del film VENERE NERA

Titolo Originale: VENUS NOIRE

RegiaAbdellatif Kechiche

InterpretiAndre Jacobs, Olivier Gourmet, Jonathan Pienaar, Jean-Christophe Bouvet, Olivier Loustau

Durata: h 2.46
NazionalitàFrancia, Italia, Belgio 2010
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 2011

•  Altri film di Abdellatif Kechiche

Trama del film Venere nera

Parigi, 1817, Accademia Reale di Medicina. "Non ho mai visto testa umana più simile a quella di una scimmia". Di fronte al calco del corpo di Saartjie Baartman, l'anatomista Georges Cuvier è categorico. Un parterre di distinti colleghi applaude la dimostrazione. Sette anni prima, Saartjie lasciava l'Africa del Sud con il suo padrone, Caezar, per andare ad offrire il suo corpo in pasto al pubblico londinese delle fiere e degli zoo umani. Donna libera e schiava al tempo stesso, la "Venere ottentotta" era l'icona dei bassifondi, sacrificata al miraggio di un'ascesa dorata...

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Voto Visitatori:   6,58 / 10 (12 voti)6,58Grafico
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Voti e commenti su Venere nera, 12 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  30/01/2014 15:41:48
   7½ / 10
Il 1° film 100% cinematografico di Kechiche, che non solo cambia registro narrativo svoltando dall'ossidato taglio documentaristico ma anche il contesto mantenendo però il tema dell'immigrazione africana a contatto con la moderna civiltà europea, nel vano scopo di trovare quel futuro precluso nella terra natia. Dalla multirazziale Francia odierna passa a quella bianca omogenea post napoleonica, la storia vera che avrebbe suscitato facile presa emotiva sul pubblico immedesimato sulle condizioni della donna, è invece condotto saggiamente con quel tono compassato, apatico senza accanirsi gratuitamente su una figura che è vittima consapevole. Una generazione figlia del proprio tempo, che guarda con sospetto e occhio analitico tutto ciò che è precluso alla conoscenza empirica, Kechiche con occhio austero giudica in silenzio la vivisezione di questa donna-alieno, il cui corpo è oggetto di spettacolo sia prima che dopo la morte.

4 risposte al commento
Ultima risposta 10/05/2014 20.34.33
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  22/06/2011 15:58:04
   6 / 10
È stimolante assistere a uno spettacolo "al contrario". Piuttosto che l'esibizione della "Venere nera", è significativo vedere come i suoi protettori e il resto della società si accapiglino, si azzuffino, si contrastino, dando luogo a un contraddittorio umano, vera tragedia dell'uomo moderno. Un circo che mentre mette in mostra le deformità delle altrui razze scopre il proprio volto fatto di avidità, cattiveria, superbia e lussuria.

La fisionomia oggetto di cotanto voyeurismo è quella della cosiddetta Venere Ottentotta, giovane schiava boscimane, catturata all'amo dell'apparente libertà da un bieco sfruttatore e condotta, dai luoghi natii dell'Africa del Sud, nella Londra dei primi dell'800. Una storia vera che avrà una fine orribile, con un post scriptum datato 2002, ponte lunghissimo a collegare vicende di un passato neanche tanto lontano.

Ripetitivo e poco intento a un'evoluzione veloce delle vicende narrate, "Venus noire" ha un ritmo che latita e si adagia su una forma di rappresentazione spesso stancante perché priva di sintesi. Il film satura fin dalla prima esibizione, in un extended version non necessaria seppur nobile. Saartjie Baartman (Yahima Torres), costantemente con lo sguardo afflitto e addolorato perso nel vuoto (e non poteva essere altrimenti), è un personaggio che sta troppo in scena e del quale percepiamo fin da subito i segni lasciati da un passato sfortunato e da un presente triste.

Non aiutano a rinfrancare l'esperienza dello spettatore gli stretti primi piani di Abdellatif Kechiche e la fregola delle inquadrature; quello che è già comprensibile dopo i primi tre quarti d'ora è reiterato fino al termine, asciugando la storia da qualsiasi emozione/commozione ed esaltandone lo scomodo aspetto quasi necrofilo. Il regista persevera sulle minuzie dimenticando il fianco aperto da una panoramica, magari fissa, sulla globalità della scena/teatro di questa ignobile recita.

Ed è infatti eloquente come una delle sequenze più forti, quella del battesimo che descrive soffusamente la prevaricazione, sia una di quelle che escono da questo registro fisso: l'uomo europeo si lava le mani, la donna china, la testa arrendevole. La razza bianca evoca la forza di una spiritualità superiore (profanazione trascendentale) alla quale si aggrappa disperatamente nel tentativo di remissione dei peccati. Scopriamo così che la gabbia dentro la quale Saartjie è costretta a esibirsi come aberrante e ricreativo mostro deforme (vista la particolare conformazione degli organi genitali chiamata longininfismo), adattandosi alle voglie del pubblico, è ben più grande di quella che la circonda sul palcoscenico di Piccadilly Street.

Efficace anche l'intervista col giornalista parigino il quale riporta su carta ciò che egli immaginava della ragazza di colore, piuttosto che toccare con mano la dura realtà delle risposte. Ecco, forse un'indagine filmica condotta in forma di documentario (leggi le registrazioni di cronaca sui titoli di coda) avrebbe giovato maggiormente nella descrizione di una società che, da allora, poco ha cambiato nel suo atteggiamento nei confronti della diversità.

4 risposte al commento
Ultima risposta 02/12/2016 00.36.34
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  21/06/2011 19:21:17
   8 / 10
E' una continua esibizione della Venere nera per un pubblico quanto mai eterogeneo per livello sociale, ma dagli sguardi pressochè identici: soddisfare il voyerismo di ammirare il classico fenomeno da baraccone ed in questo senso l'uso della camera a mano è funzionale nel suo incedere furtivo a cui anche lo spettatore del film partecipa.
Davanti ad un pubblico pagante, davanti ad un tribunale o davanti ad un giornalista a cui racconta la propria storia (per poi magari abbellirla per esisgenze di mercato), davanti ad un'equipe di scienziati utilizzata come cavia da laboratorio, è sempre la stessa logica dello sfruttamento in cui si viene schiavizzati senza essere legalmente uno schiavo e dove la collocazione temporale non è stata scelta a caso: gli albori della Rivoluzione industriale e le fondamenta della società occidentale moderna.
E' un film a suo modo disturbante e poco conciliatorio, ma difficilmente farà rimanere indifferenti.

3 risposte al commento
Ultima risposta 22/06/2011 16.12.52
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