vivere - ikiru regia di Akira Kurosawa Giappone 1952
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vivere - ikiru (1952)

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locandina del film VIVERE - IKIRU

Titolo Originale: IKIRU

RegiaAkira Kurosawa

InterpretiMakoto Kobori, Nobuo Kaneko, Takashi Shimura, Kyoko Seki

Durata: h 2.23
NazionalitàGiappone 1952
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1952

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Trama del film Vivere - ikiru

Malato di tumore, anziano funzionario giapponese si dedica interamente all'impresa di trasformare una zona palustre in un campo di giochi per bambini. Quando muore, soltanto le madri dei bambini si ricordano di lui.

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Voto Visitatori:   9,10 / 10 (43 voti)9,10Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su Vivere - ikiru, 43 opinioni inserite

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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  11/10/2007 23:34:15
   8½ / 10
Il film tratta soprattutto due tematiche: una esistenzialista in cui si riflette sul senso della vita, sull’atteggiamento umano nei confronti della morte e sul difficile rapporto fra anziani e giovani; l’altra più prettamente politica è un atto di accusa verso la classe degli amministratori pubblici. Dal punto di vista stilistico si distingue per un certo eclettismo. Infatti si mescolano diversi stili e modi di ripresa, che rendono l’opera un po’ strana e a volte spezzettata. All’inizio c’è una voce narrante che spiega tutto (come usava in Giappone al tempo del muto), poi si usa lo stile di Quarto Potere con flashback e molti piano sequenza, infine si utilizza la tecnica a testimonianza di Rashomon.
Il soggetto è quasi neorealista. Il protagonista è infatti una persona anziana umile e antieroica. Ci viene presentato come un impiegato comunale mediocre, senza attrattive, pieno di piccoli difetti, anche se con l’animo buono. La sua è la vita di un perdente, di uno che ha solo subito e pensato che bastasse solo seguire le norme sociali esteriori per condurre la propria vita. Tanti primi piani impietosi ci mostrano la sua faccia di cane battuto, amareggiato o disperato; spesso lo vediamo umiliato o deriso, piegato sotto il peso del dolore o della tristezza. Come il protagonista di Il posto delle fragole, il rivelarsi improvviso di un termine lo porta a riconsiderare se stesso, quello che ha fatto fino ad allora e il suo rapporto con chi gli sta intorno. Si accorge troppo tardi di non avere vissuto, di avere fatto scorrere il tempo per niente, di non aver realmente dimostrato il suo amore verso il figlio, pagando le conseguenze dell’incomunicabilità. La solitudine gli pesa come un macigno, come al povero Umberto D. Riesce comunque a trovare una via d’uscita alla disperazione estrema, cercando uno scopo per i pochi mesi che gli restano: lasciare una traccia indelebile della sua presenza terrena, realizzando un giardino di giochi per bambini. Finalmente in extremis ha trovato uno scopo per la sua vita.
Certamente non c’è nessun premio da aspettarsi dall’altruismo. Il suo lavoro non viene pubblicamente riconosciuto. Le autorità si appropriano dei suoi meriti, nonostante la loro inerzia e quasi disturbo nel vedersi scavalcate. Qui la critica alla burocrazia è molto netta: sono solo parassiti inutili e distruttori di ogni iniziativa individuale o democratica. Erano gli anni in cui in Italia e in Giappone si stava formando una classe politica pubblica fatta di clientele e interessi che avrebbe avvolto e immobilizzato i due paesi. Kurosawa aveva pessimisticamente previsto il parassitismo e i guasti di tale classe.

5 risposte al commento
Ultima risposta 20/06/2010 23.07.12
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