Nella Los Angeles del 1969 in cui tutto sta cambiando, l'attore televisivo Rick Dalton e la sua storica controfigura Cliff Booth cercano di farsi strada in una Hollywood che ormai non riconoscono più.
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VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR: Migliore attore non protagonista (Brad Pitt), Migliore scenografia (Barbara Ling, Nancy Haigh)
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior film commedia o musicale, Miglior attore non protagonista (Brad Pitt), Miglior sceneggiatura (Quentin Tarantino)
La vendetta di Hollywood verso Charles Manson. E' un commento che ho letto e ho trovato particolarmente calzante per questo film, laddove il terribile criminale che la notte del 9 Agosto 1969, compì, per mano di alcuni adepti alla sua setta una delle più cruente stragi della Hollywood bene, in questo film, semplicemente...non c'è! O meglio, lo si vede per pochissimi secondi, pochi frame, un ruolo assolutamente marginale con l'attore che lo interpreta che appare in un misero Cameo. Non viene mostrato nemmeno l'omicidio LaBianca-Tate (interpretato da una sempre più bella e magnetica Margot Robbie) E' questa la "vendetta" di cui si parlava: la bravura di Tarantino nell'aver preso un fatto di cronaca noto e arcinoto e averlo relegato ai margini della SUA storia, la storia che ha voluto raccontare: una storia fatta di Cinema, quello si messo al centro di tutto, di attori televisivi come Rick Dalton, che cercano la ribalta sul grande schermo ma devono accontentarsi di produzioni minori o estere (bellissimo e sentito l'omaggio del regista al nostro Sergio Corbucci), la storia, anche, di quelli che il cinema lo fanno, ma dietro le quinte, come Cliff Booth, senza mai ricevere alcun credito se non in qualche sperduta riga dei titoli di coda. La bravura di Tarantino stavolta è stata quella di mettere al centro di tutto i due attori principali: DiCaprio e Pitt, bravissimi e davvero maturi nei ruoli rispettivi, ed essersi lasciato andare ai suoi marchi di fabbrica solo nel grand guignolesco finale, che per altro, è meraviglioso ed esilarante al tempo stesso. E' una prova di maturità che mi aspettavo da un regista come lui, una vera evoluzione da Bastardi Senza Gloria in poi (fatte eccezione per il sottoscritto di Django, uno dei suoi che mi è meno piaciuto) che lo hanno portato a fare un'opera di metacinema diretta con mano matura che MAI sarebbe stato in grado di realizzare una decina di anni fa, quando, pur sempre bravo, era quasi rimasto prigioniero di una continua e a tratti quasi prevedibile dallo spettatore, ricerca citazionista e sensazionalistica per ogni genere affrontato.