Quando sua sorella gli chiede di prendersi cura di suo figlio, un giornalista radiofonico intraprende un viaggio attraverso il paese con il suo energico nipote per mostrargli la vita lontano da Los Angeles.
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Un viaggio attraverso l'America alla ricerca della speranza del futuro. Sono i giovani che devono rispondere a questa semplice domanda per comporre un articolo di giornale redatto dal nostro protagonista.
Il film vive di sussulti tra l'obbiettiva qualita' tecnica tra fotografia e recitazione, ad una sceneggiatura spesso troppo tediosa che rischia di annoiare lo spettatore.
Credo che alla fine sia un film incompiuto forse proprio perche una risposta a certi interrogativi non si puo' dare, o forse perche a volte il tasso di malinconia supera il livello di guardia.
Fotografia molto bella, le inquadrature di NY, Los Angeles, Santa Monica e New Orleans valgono il film. Molto interessanti le interviste ai ragazzini, con la loro visione del mondo e del futuro che li attende. Realistico il rapporto del protagonista con la sorella che gli chiede di occuparsi del figlio durante un periodo di assenza abbastanza prolungato. Il ragazzino è davvero speciale ed il rapporto con lo zio cresce man mano, inevitabile che si crei un legame tra due persone molto particolari. Phoenix come sempre è profondo e malinconico, un attore del tutto non convenzionale.
Un film di formazione e introspezione, calato nella società moderna fatta di relazioni liquide e situazioni imprevedibili, pur non aggiungendo spunti particolari, si regge su una grande regia, interpretazioni dei 3 protagonisti (davvero di alto livello) e la scelta del B/N che da' al film un'atmosfera particolare, quasi retrò. Un po' penalizzato dai alcuni dialoghi che appaiono eccessivamente prolissi ed artefatti.
Mike Mills scrive e dirige un lungometraggio dove il bianco e nero va a incarnare l'immarcescibile dicotomia tra i fallimenti dei "grandi" e le sfuggevoli speranze della loro prole. Alla base di tutto troviamo l'incapacità di esprimere le proprie emozioni in un presente sempre più insicuro, e soprattutto quel principio di autodeterminazione che prova ad affrancarsi da un vero e proprio limbo esistenziale instabilissimo. La sceneggiatura costruisce un rapporto zio-nipote che colpisce per autenticità, e le prove attoriali di Phoenix e Norman evitano tutte le banalità del viaggio di scoperta del sé. Poi, si può dire che a volte i dialoghi siano un po' troppo artefatti, se non addirittura inutilmente verbosi e filosofeggianti, ma è innegabile che smuova interrogativi a cui spesso abbiamo troppa paura di rispondere. Il topos dell'introspezione on the road, inoltre, offre un sentito e aggiornatissimo ritratto dell'America contemporanea e multiculturale.