Tre camionisti texani vengono a diverbio con uno sceriffo loro vecchio amico e lo stendono assieme ai suoi aiutanti. Devono poi fuggire dallo Stato per evitare rappresaglie. Durante la corsa verso il Nuovo Messico, al terzetto si uniscono molti amici e colleghi, in una carovana che getta lo scompiglio nell'intera contrada.
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Forse il film più sottovalutato di Peckinpah, probabilmente perchè il regista usa un registro lontanissimo da quello suo usuale. Abbandonata la "poetica della violenza", si muove su un tono satirico e di commedia. Qualche scena potrebbe quasi appartenere ad un film di Hill & Spencer. Eppure, al di là della chiave di lettura più superficiale e smaccatamente umoristica, quella del road movie avventuroso (in qualcosa potrebbe persino anticipare "the blues borthers"), ve ne è una metaforica che rende "Convoy" forse addirittura il film più permeato di anarchia del regista. Basta vedere come sono dipinti il sistema, lo stato, i politici, i tutori della legge e dell'ordine, nullità ottuse che si fanno forti di una divisa per contrastare tutto ciò che possa uscire dal loro controllo, basta vedere come la massa possa accodarsi (letteralmente) ad un leader carismatico diventando un organismo fuori controllo. La forza del film è, poi, nel come Peckinpah tratteggia i personaggi: dai protagonisti a quelli più secondari, sono tutti caratterizzati a meraviglia. A mio avviso primeggiano Burt Young, alias "casino ambulante", e lo sceriffo Borgnine, un personaggio ambiguo e sfaccettato, che sembra volere distruggere Anatra di Gomma perchè rappresenta ciò che vorrebbe essere.