first cow (2019)

È un western atipico questo di Kelly Reichardt: un racconto di un microcosmo ancora fuori dalle logiche pienamente capitalistiche ma dove queste iniziano ad arrivare. Piuttosto che raccontare il solito self made man tipicamente americano e hollywoodiano la Reichardt ci racconta l'impresa che nasce dalla collaborazione e dal furto (decidendo quindi per mettere in primo piano, seppur non in forma decisiva, le contraddizioni dello sviluppo economico). La Reichardt da vita ad un film storico nel senso che rispetta il fluire, racconta un pezzo di mondo nel suo farsi senza contaminarlo moralmente con categorie interpretative dell'oggi (anche se l'opera è chiaramente liberal, stando alle categorie politiche Usa). Ma non giudica, non prende una posizione e si limita ad un racconto minimale sull'amiciza tra diversi. Sguardo ed idea interessanti, ma nella sua ricerca costante del tono, dell'immagine e della fotografia tipicamente "art house", il film molto spesso scorre via senza trovare mordente, poco propenso ad emozionare, non del tutto riuscito nell'analisi psicologica.