Il carismatico allevatore Phil Burbank incute paura e rispetto. Quando il fratello George porta la nuova moglie e il figlio di lei a vivere al ranch di famiglia, Phil li tormenta finché non si ritrova vulnerabile alla possibilità di innamorarsi.
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L'ultimo film della Campion è un film posatissimo, di costruzione certosina dei personaggi (tutti e quattro i personaggi principali hanno una loro evoluzione costante e graduale, finalmente), di sceneggiatura e di regia: i movimenti di macchina della Campion sono tutt'altro che banali, i lentissimi zoom in avvicinamento servono a cristallizzare le situazioni di imbarazzo/rabbia/paura, così come le inquadrature a Cumberbatch in tutta la prima metà del film arrivano da sotto, con il suo personaggio che "troneggia" sugli spettatori, a rinforzare il suo carattere burbero e spigoloso. Questo grande lavoro sui personaggi allo stesso tempo serve alla Campion per ragionare sulla nascita stessa del mito americano (lavoro e guadagno) ricordandoci come tutto è iniziato, il ruolo subordinato delle donne, e una violenza che qui, contrariamente al suo capolavoro "Lezioni di piano" (anche quello in costume) viene dissimulata e repressa e quando arriva sembra simboleggiare la supremazia della scienza sulla tradizione (splendido l'avvicinamento ambiguo tra giovane aspirante medico e l'uomo di mezza età prototipo del conservatorismo). L'unico appunto che si può forse muovere al film è quello di costruire senza mai esplodere, quello di stuzzicare costantemente lo spettatore e poi lasciarlo lì, spiazzato, in questo western dove nessuno spara ma tutti hanno dentro il vuoto.