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Bresson, come sempre si lascia in disparte. Affida ai fatti, ai gesti, alle poche parole, l’incombenza a raccontare. Eppure è proprio la sua astensione a rendere i suoi film così speciali, così profondi ed essenziali. Anche questa pellicola ne rispetta il pensiero. Le emozioni, le sensazioni, divengono più intense perché ottenute con la privazione delle stesse. L’apparente vuoto emotivo si riempie dunque di significati, di codici, d’azioni inumane o a volte pietose, di poesia. Qui il denaro - in “Au hasard Balthazar” diversamente era il povero asinello - diviene il simbolo del male stesso, dell’indifferenza e della cupidigia, veduto come un morbo che si propaga di mano in mano, in grado di trasformare un uomo in assassino.