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Una bella sorpresa questa pellicola di Joe Lynch,che nonostante le quantità di sangue e violenza spiattellate sullo schermo si rivela fin da subito maggiormente concentrata sulla satira e sulla commedia. L'incipit iniziale spiega allo spettatore come agisce il virus,per poi concentrarsi sul nostro protagonista,interpretato da Steven Yeun (quello di The walking dead) che dopo essere stato licenziato e contagiato dal virus deciderà di fare la festa ai capoccioni dell'azienda per la quale lavorava. Niente male la storia che per quanto non originalissima presenta un ritmo parecchio adrenalinico,carina anche la struttura simil videogioco,nella quale il nostro eroe in ogni piano dell'azienda si ritrova a dover affrontare un nemico diverso, fino all'immancabile scontro finale. Il cast forse non sarà proprio il massimo ma la pellicola alla fine è ben costruita e gradevole da vedere,un buon intrattenimento.
Le somiglianze con il recente "The Belko Experiment" ci stanno, anche se poi "Mayhem" prende strade differenti, utilizzando l'epidemia virale che annulla i freni inibitori come mezzo per suggerire una ficcante satira sociale inerente clienti insoddisfatti o lavoratori ingiustamente repressi, pronti a vendicare con le maniere forti i torti subiti. La struttura stile videogame con un avversario sempre più forte da sconfiggere e relativa key card da ottenere per accedere al " livello" successivo non è limitante, in quanto il ritmo è costante vertiginosa e il notevole body count ammette ben poche distrazioni. La salita verso la sommità del grattacielo è quindi metaforica ascesa verso il male, un raggiungimento di quei piani alti ove regnano i reali colpevoli dei malesseri attuali. Non sono probabilmente casuali nemmeno le scelte di casting: ovvero un sino-americano, quindi appartenente ad una " minoranza" razziale, ed una donna, due tipi di persone a cui, spesso, società e ambiente lavorativo concedono poche tenerezze. È la rivincita degli emarginati anche se visto l'argomento si sarebbe potuto alzare l'asticella della ferocia (non tragga in inganno l'incipit), le efferatezza non mancano ma tutto è piuttosto controllato, preferendo un approccio più ironico che shockante. Il lavoro di Joe Lynch pur elementare risulta trascinante e divertente, un bel salto di qualità del regista autore in passato di film piuttosto anonimi come "Wrong Turn 2" e "Everly".
Dello stesso genere preferisco THE BELKO EXPERIMENT, almeno c'è più sangue e più varietà di uccisioni. Questo MAYHEM invece, pur vedibile, non ha nulla di eccezionale da presentare, nè di originale, e scivola via tra un po' di sangue e qualche spunto critico etico. Nulla per cui esaltarsi.
Mayhem parte da un buon spunto, cioé un virus che toglie ogni freno inibitore a chiunque sia contagiato. Sulla falsariga del demone sotto la pelle, però non limitato dalla sola disinibizione sessuale come nel film di Cronenberg. Se una persona viene contagiata non ha più il controllo di se stesso, intermini prettamente legali. Di conseguenza ogni azione che si compie, persino l'omicidio, non è imputabile al suo esecutore. Di conseguenza si può fare ogni cosa godendo della più completa immunità. Tutto Mayhem è un viaggio verso una catarsi totale e liberatoria. Se il luogo del contesto può essere visto, in circostanze normali, come un covo di complotti e doppiogiochismi, il virus fa emergere tutto alla luce del sole. Niente sotterfugi o altre menate simili. Di carneficina in carneficina ci si sposta dal basso verso l'alto, come in una ipotetica lotta di classe all'interno di un sistema votato al capitalismo selvaggio. Anche se manca di spunti veramente originali, l'insieme viene gestito al meglio: dall'azione pura che non concede pause, alla caratterizzazione degli attori, essenziale ma lontana dal macchiettismo. Bravi sia Yeun che la Weaving.