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Carmelo Bene è stato un'artista italiano in senso vasto. Le opere cinematografiche del regista/drammaturgo italiano sono destinate ad un pubblico che sa apprezzare le sfumature di una mente "caotica" ma spettacolare. Figuriamoci le opere teatrali, come "Pinocchio" ancora più artistiche, ancora più scomposte. "Pinocchio" del 1999 non è un violento disfacimento e "mutilamento" di quello originale, in questo frangente Bene riesce a mettere in scena un suo Pinocchio non lontanissimo da quello che scolasticamente conosce la massa. A fare la differenza in questa fattispecie è l'apparato scenico spettrale, oscuro e freddo. Il primo piano cronico di Carmelo Bene nella parte di un sofferto Pinocchio è il simbolo di un decadentismo non solo visivo, ma molto psicologico. Per il resto è una festa mortuaria dell'immagine; le maschere e le grandi lavorazioni per un effetto della phoné che come capita con Bene gioca le carte più pesanti della costruzione teatrale. I concetti di "Pinocchio" si ancorano ad una bolgia di nichilismo che spinge il personaggio in un mondo tenebroso e corrotto da maschere inquietanti. La stessa fata svolge funzioni particolari, più che una luce appare essere, ripetitivamente, il male minore di una storia nera e con un finale di crescita dell'animo, ma senza troppe rosee e retoriche acclamazioni.
Ogni commento sarebbe superfluo. Oltre il cinema e oltre il teatro. Vedere per credere. Pinocchio è sicuramente una delle vette raggiunte da C.B. che, essendo il teatro, non sapeva cosa fosse il teatro.
è stato inserito! Bene, Bene, Benissimo direi. Anche se mi scoccia mettere il voto visto che con il genio di C.B. davvero il numerino è quanto di più equivoco si possa pensare, è giusto che si renda omaggio a questo spettacolo unico nel suo (de)genere. Allestito per la RAI, è una versione che riprende il Pinocchio di Collodi non modificandone una virgola nel testo e nei dialoghi dei personaggi, eppure tutto assume un aria mortifera, fanciullescamente disturbata, perfino patetica nei continui rimproveri al burattino con i proverbi che "lo crocifiggono". è uno spettacolo della provvidenza e poi dell'incoscienza, con personaggi che recitano il loro stesso ruolo ingabbiati nel loro essere dei pupi (e Bene da la voce quasi a tutti) e al centro c'è un Pinocchio già morto: un burattino che "scalcia nella tomba", destinato a crescere e che quindi sta rimandando l'imputridimento di sé stesso. Ma forse l'unico che recita sé stesso più che la pantomima del suo ruolo, ed è davvero un innocente pur con i fili che lo manovrano. La scelta delle musichette, la quasi patetica e già citata pantomima che i personaggi/burattinati fanno di sé stessi e il grottesco delirio di personaggi come (ad esempio) il grillo parlante, che assomiglia più ad un insetto enorme e sgradevole con fattezze da giudice che a quello cui solitamente si pensa (la Disney...), lo rendono uno spettacolo ai limiti dell'orrorifico, mortifero, dove si sente la puzza della morte, e non del legno di burattini. E poi c'è la morte. L'educazione.