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David Lowery è uno dei registi emergenti più interessanti e qui lo dimostra nuovamente nonostante il film abbia alcuni difetti. Questa storia di crescita umana e "professionale" (come si diventa cavalieri) poggia su un impianto visivo perfettamente azzeccato: fotografia, scenografia, musiche funzionano molto bene e tutto viene esaltato dalla regia di Lowery, spesso ardita e che utilizza anche diversi long take. Ciò che funziona meno, almeno ai miei occhi, è l'impianto narrativo: il film è una sorta di processione per tappe, un "road movie" fantasy-mistico che spesso appare slegato, con una sceneggiatura saltellante. Si comprende che le varie situazioni che il nostro cavaliere incontra sono le tappe che deve affrontare per diventare ciò che vuole diventare e per cui non è ancora pronto (per esempio la scena dei giganti, dove la sua richiesta di un passaggio dimostra il mancato raggiungimento delle virtù cavalleresche e per tal motivo viene "salvato" dalla volpe, che gli impedisce il fallimento della prova). Ma ecco, questo sviluppo appare un po' scollegato tra le parti e la sceneggiatura manca di quel collante che forse avrebbe reso il film meno onirico e più lineare. Non mi ha convinto del tutto la scelta di Patel nel ruolo del protagonista mentre la Vikander è splendida qualunque cosa faccia e dica.
Parte lento, con un atmosfera sospesa e rarefatta, per poi trasformarsi nel viaggio di un improbabile eroe che in realtà affronta i propri limiti e le proprie paure. Una metafora che cela molto più di quanto mostri. David Lowery dopo aver girovagato tra i generi (dal drago invisibile: dimenticabile a storia di un fantasma e soprattutto Old man e the Gun) prende di petto uno dei miti arturiani più dimenticati, quello del cavaliere verde, personaggio leggendario e ambiguo e ne trae un racconto di formazione che al netto del ritmo non sempre all'altezza riesce a ritagliarsi una storia di rara forza e originalità. Il cast non sfigura, con Dev Patel nel ruolo di Gawain, insolito ma efficace, un pò tirata via invece Alicia Vikander, per il resto Egerton ha un piccolo ruolo ma funziona. Tra location notevoli, effetti visivi spesso invisibili e una buona colonna sonora il film è una piacevole novità nel campo della fantasy che si inerpica lungo la strada più difficile, senza cercare scorciatoie ma riuscendo nel suo intento.
Film che ci si aspetterebbe più semplice visto il genere,ma che si rivela molto più complesso. I tempi molto dilatati rendono la visione pesante se non si è pienamente in forma.
Una perla. Lowery ha una sensibilità e un linguaggio cinematografico unico nel suo genere ed è uno dei pochi registi contemporanei che ha veramente qualcosa da mostrare allo spettatore. Film come questo sono una cosa rara: avere VERAMENTE qualcosa da raccontare al giorno d'oggi già di per sé non è cosa semplice, ma Lowery oltre che un bravo scrittore è anche un regista contraddistinto da un modo di fare cinema tutto suo, unico nel suo genere. In una parola, Lowery con questo film si conferma come uno degli autori più talentuosi nel panorama cinematografico americano.
Il film è superbamente girato e carico di significato: la particolare sensibilità registica di Lowery è strettamente relazionata ai temi (finora) trattati, dove la dilatazione tempo è l'elemento fondamentale per apprezzare e comprendere quello che vuole comunicarci. Il tempo è qualcosa che al giorno d'oggi non riusciamo più a comprendere nella sua dimensione dilatata: siamo abituati ad una vita frenetica, ad essere bombardati di immagini sia nella vita reale sia nei prodotti mediatici che spesso vediamo. Per questo lo shock iniziale con il cinema di Lowery è notevole. Mi ricordo benissimo la prima volta che vidi A Ghost Story, e rimasi sorpreso (me ne resi conto proprio mentre guardavo il film) di come durante le lunghe inquadrature mi aspettavo sempre che stesse per succedere qualcosa. Ma in realtà non succedeva mai niente. O meglio, stava succedendo molto, ma come ogni cosa veramente rivoluzionaria e nuova non si comprende subito, ci misi un po' per realizzare quanto straordinario fosse il messaggio del regista.
Con questo Cavaliere verde Lowery mostra che lui è proprio così: è il"regista del tempo", un tempo che è sia il soggetto dei suoi film, sia un tempo meta-cinematografico, trasmesso (in maniera notevole) attraverso la sua sensibilità registica.
Un film veramente particolare e lontano dagli stilemi del cappa e spada cavalleresco e dai soliti film di avventura. Ha il sapore epico del viaggio di formazione, ma senza l'enfasi o la retorica che si potrebbero trovare in film di questo genere. Un viaggio di formazione particolare, contro i propri demoni e le proprie paure. Una fotografia stupenda e l'intepretazione di Dev Patel impreziosicaono un'opera interessante ed a suo modo orginale nel suo incedere e nella sua conclusione. Un film più incentrato sulla riflessione e sui simbolismi, rispetto all'azione pura, per cui che si aspetta una preminenza di quest'ultimo elemento rimarrà, credo, deluso.
Un fantasy avventuroso di buon livello. Originale, onirico, visivamente sublime, "The Green Knight", costato incredibilmente la sciocchezza di 15 milioni di dollari, è un mezzo miracolo produttivo realizzato dal regista David Lowery e dalla A24. Una pellicola davvero sorprendente e coraggiosa, ma non per tutti i palati, perchè Lowery si prende i suoi tempi dilatando le scene, forse a volte anche troppo.