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E' l'anno 1907 ed il Dr. Plonk, grande scienziato ed inventore, scopre che il mondo avrebbe cessato di esistere cento anni dopo.
Per questa sua scoperta viene deriso e vilipeso dai politici e dai burocrati, che gli chiedono una prova che Plonk non sa provare, se non mettendo a disposizione i propri complicati calcoli.
Persino il suo fido aiutante, il sordomuto Paulus, lo schernisce e Plonk si ritrova solo a sopportare il peso dell'angosciante verità. Il suo genio però si accende, come fa la lampadina che porta in tasca ogniqualvolta una nuova idea nasce dalla sua genialità, e Plonk decide di costruire una efficace macchina del tempo (una cassa di semplici assi, in realtà), per portare nel 1907 le prove dal futuro.
E' così che, a scansione differita, Plonk, il suo aiutante Paulus con il cagnino Tiberius ossessionato dalle palline, la signora Plonk ("l'affascinante signora Plonk") e persino il Primo Ministro Stalk, visitano il futuro, trovandolo, però, ben diverso da quanto si aspettavano.
"Dr. Plonk" è una divertente commedia muta e in bianco e nero, concepita dallo sceggiatore/regista Rolf De Heer nel 2005, in occasione del ritrovamento in una cella frigorifera di circa 700 metri di vecchia pellicola vergine.
L'immagine di voler far passare questi avanzi con ogni probabilità rovinati e scaduti, attraverso una macchina da presa, dando l'effetto di un vecchio film dell'epoca del muto, ha convinto il regista a confezionare questo film dagli aspetti insoliti.
Ci aveva già pensato Mel Brooks a fare un salto nel tempo, girando nel 1976 "L'ultima follia di Mel Brooks", ("Silent Movie"), film a colori e totalmente senza parlato, ad eccezione del famoso "No!" gridato dal mimo Marcel Marceau.
"Dr. Plonk" ha però connotati diversi; è più radicale nella sua natura di film fuori programma del nostro tempo e non ha mezzi termini nel proporre girati e scene secondo lo spirito di ottanta anni fa.
Usando mezzi minimali, una troupe ridotta all'osso, set poco più che artigianali, senza luci, ricorrendo ad una macchina da presa a manovella, senza la minima traccia di effetti speciali in post produzione (realizzati, questi, in modalità di fotogramma), l'obiettivo di conferire a questa pellicola il gusto un poco anacronistico di un'opera dai tratti storici è pienamente raggiunto.
Subito, in apertura, i personaggi vengono presentati ciascuno con la sua breve performance in forma di gag che ne disegna le caratteristiche.
Guidati tutti, senza esclusione, dal comune denominatore di tanti calci nel fondoschiena, nella migliore della tradizione delle comiche, gli attori offrono con naturalezza un panorama di trovate di innegabile freschezza, pur ricalcato sui classici di base, a partire da Buster Keaton, Charlot, Stan Laurel and Oliver Hardy, con tanto di cagnino di piccola taglia sempre in forsennato movimento dietro le palline.
Cosa abbia portato il regista ad affrontare e portare avanti con coraggio l'idea di creare un film di questo tipo in un'epoca dove tecnica, effetti e colore guidano il carro, non è dato di sapere. Forse è proprio l'inimmaginabile, la distrazione dalle formule di mercato, la sfida ai paradigmi, che gli hanno consentito di forgiare una chiave per uscire da schemi che ci sembrano le Colonne d'Ercole.
D'altronde, sembra funzionare: Nigel Lunghi (Dr. Plonk) è un artista di strada, senza alcuna esperienza di recitazione e cinema, almeno in termini accademici, ma è capace di giochi di destrezza ed equilibrio, che traspaiono nell'interpretazione; poi c'è Paul Blackwell (Paulus), un attore di grandi capacità comiche con una mimica accattivante.
Tutti i tipi di sciocchezze sono consentiti e con il procedere della pellicola i sorrisi si allargano e il divertimento guida lo spettatore e lo conquista, casomai fosse stato inizialmente perplesso.
La proposta di armonizzare un gusto retrò con una realtà moderna in una trasposizione cinematografica traduce questo film in un mezzo di comunicazione semplice ma efficace e capace di calarci in un'atmosfera gentile dove poter respirare l'innocente semplicità di un cinema che è nonno dei nostri tempi.
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Recensione a cura di dario carta - aggiornata al 08/07/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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