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Sarajevo 2006: Esma, una donna sui quarant'anni vive da sola in un dignitoso appartamento con la figlia tredicenne. E' timida, solitaria e prova un morboso disagio che sfocia nel patologico, quando ha a che fare in maniera anche solo indiretta con uomini rudi e bruschi. Al contrario la figlia Sara è viziata, prepotente e con modi da maschiaccio, fiera di essere figlia di un eroe di guerra morto sul fronte nella sanguinosa guerra che ha gettato onta sull'Europa civile di fine XX secolo.
La macchina da presa indugia su Esma, la segue nella sua giornata fatta di momenti minimali come prendere l'autobus in una città che si lecca ancora le ferite, con palazzi sventrati dove i bambini vanno a giocare e usano come rifugio per le vie dello shopping, che ricordano la nostra Italia del dopoguerra con manichini arcaici e abiti di scarsa fattura, nella fabbrica tutta al femminile dove lavora duramente come sarta e in uno strano luogo, forse un consultorio pieno di donne, donne che come lei hanno uno sguardo malinconico, una pena segreta difficile da esternare.
Sara vuole andare in gita e Esma che vive per lei, malgrado le intemperanze continue e insopportabili della ragazza, accetta di andare a lavorare come cameriera in un locale notturno di dubbia moralità pur di racimolare la somma necessaria per il viaggio d'istruzione della ragazzina.
Un mondo buio e inquieto viene esplorato dalla storia: malavitosi senza scrupoli, donne che si vendono con disinvoltura e, fuori da questo locale sordido, ancora squallore con case tutte uguali per persone tutte uguali come ebbe a scrivere Dickens parlando in "Tempi difficili" dell'immaginaria e arida città di Coketown.
C'è un uomo che si interessa ad Esma, un reduce di guerra che è tenero con l'anziana madre malata e ha un passato da studente di Economia, ma lui, come tutti gli altri uomini della pellicola ha un lato oscuro ed Esma preferisce restare sola con le sue angosce che si possono intuire ma che non si rivelano compiutamente fino alla fine della vicenda.
Il segreto della donna è comune a molte altre sue connazionali: la pulizia etnica l'ha resa madre e lei, nel dolore, ha portato avanti quella creatura non voluta prendendosene carico con consapevolezza. Solo la rivelazione riporterà a un giusto equilibrio la relazione madre-figlia, solo parlando al consultorio Esma vedrà la sua pena meno gravosa.
Jasmila Žbanic confeziona una storia al femminile: fin da inizio film che si apre con la scena al consultorio lo spettatore intuisce che sono le donne il motore della storia, Esma, le colleghe del laboratorio di sartoria che si fanno carico alla fine del denaro per la gita di Sara, le ragazze del locale notturno non meno ripiegate delle operaie, costrette a fingere allegria per una manciata di soldi, le compagne di scuola "bulle".
Bello anche il dualismo tra Esma, donna quarantenne, nel pieno della vita e l'adolescente Sara che, prima col culto del padre eroe, è spavalda e insopportabile, poi dopo la sua personale epifania vede il mondo con occhi diversi e meno rabbiosi. Infine una donna virtuale omaggiata per tutto il film, con il punto di vista tipico dei popoli dell'est: la città di Sarajevo (il film ha come sottotitolo Grbavica, cioè un quartiere della città).
Sara in gita e le compagne intonano da fiere ragazze bosniache un inno d'amore alla loro capitale, violentata come molte donne bosniache, ma pronta a rialzarsi e ad andare avanti con dignità.
Film a volte lento, con uso forse eccessivo di silenziosi primi piani ma nel complesso di buona fattura.
Consigliato.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 07/08/2012 15.21.00
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