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Film del 1945, titolo originale "Spellbound" (ovvero "Incantato"), "Io ti salverò" è considerato da molti un thriller minore o perlomeno meno noto tra quelli firmati dal grande Hitchcock, ma tuttavia può invece essere annoverato tra le perle della sua produzione.
La novità principale del film è il tentativo di spiegare agli spettatori i misteri della psicanalisi unitamente alla risoluzione di un raffinato ed atipico giallo: a differenza dei thriller odierni, la storia è a scacchiera, avvincente, con poca azione e, particolare non indifferente, agli spettatori non viene mai mostrato né il delitto né l'assassinato, mentre l'intreccio si concentra principalmente sulla figura del principale indiziato, un uomo vittima di un'amnesia, e della donna innamorata di lui e mossa fondamentalmente dalla sindrome della crocerossina. A questo proposito è interessante notare come per una volta la scelta di un titolo italiano completamente diverso dall'originale sia stata azzeccata, perché si concentra sugli intenti della protagonista femminile più che sul presunto incantesimo che blocca la mente del personaggio maschile, come invece vuole dare ad intendere appunto il titolo in lingua inglese.
Per chi vede la pellicola oggi, a distanza di oltre sessant'anni, le ingenuità possono apparire molteplici, dal trucco degli attori, che fingono di sciare in studio mentre si proietta una scena in movimento, sullo sfondo alle inquadrature di tipo teatrale che non danno la percezione della profondità, alle comparse che danno chiaramente l'impressione di muoversi in uno studio di posa, ma al di là di queste peculiarità tecniche, il linguaggio e la recitazione degli attori sono sicuramente attuali così come innovativo e praticamente mai più ripetuto è il tentativo di realizzazione onirica con l'intervento di un pittore.
Le fantasie inconsce del protagonista vengono infatti realizzate dal pittore surrealista spagnolo Salvador Dalì il quale riesce, pur nella carenza di effetti speciali dell'epoca, a rendere magnificamente con l'immagine il racconto e per un attimo le due arti, quella cinematografica e quella pittorica, si fondono in una simbiosi perfetta.
I due interpreti principali Ingrid Bergman e Gregory Peck, pur non ancora trentenni all'epoca del film, avevano già alle spalle premi e titoli di successo, ed una carriera sicuramente luminosa per gli anni a venire.
Peck, l'uomo del mistero, rompe il cliché determinato dal suo aspetto fisico decisamente affascinante e, pur mantenendo viva nelle spettatrici la sua aura di conquistatore, si trasforma in un uomo qualunque smarrito, in ricerca, smanioso di appoggiarsi a qualcuno: tutte situazioni e stati d'animo decisamente poco machisti.
La Bergman invece, giovane psichiatra nel film, è divisa tra l'immagine della donna in carriera algida ed asessuata, almeno dal suo punto di vista, a mater e mulier amorosa, con idee salvifiche verso l'uomo amato.
I personaggi maschili sono tendenzialmente negativi o hanno dei difetti comportamentali: dal piazzista dell'albergo petulante ed ossessivo al detective poco furbo fino ad arrivare all'anziano psichiatra docente e pigmalione della protagonista (un Michael Ceckov truccato da sosia di Sigmund Freud), che pure ha le sue fisime e commette i suoi errori persino fuorvianti, mentre la protagonista femminile, pur esclusiva in ogni sua azione, risulta essere determinante per la risoluzione dell'enigma, facendo quindi proprio un ruolo centrale e completamente positivo nella storia.
Intreccio quindi decisamente ben riuscito con il suo cocktail di suspence, divulgazione scientifica e sentimento, accattivante anche per lo spettatore del XXI secolo, imperdibile per chi ama il grande Hitch che, come accadeva spesso, regala una sua "comparsata" nel corso della pellicola uscendo da un ascensore con uno strumento musicale.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 29/06/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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