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Firmato a sei mani dalla coppia Ficarra-Picone con la collaborazione di Giambattista Avellino, storico autore delle gag della premiata ditta Mondaini-Vianello, il film è un felice ulteriore passo in avanti nella carriera dei due giovani comici dopo le prime interessanti prove e il successivo ottimo esito de "Il sette e l'otto".
Giocando sulla loro fisicità, i due attori continuano con le tipologie che già dettero lustro e fortuna all'altra illustre coppia comica siciliana, i mitici Franco e Ciccio.
Dei due, Picone, chiaro di capelli e carnagione, alto e più raffinato, è di solito il timido perbene, immagine borghese della nuova Sicilia, mentre Ficarra, basso, riccioluto e moro è solitamente il furbo dal cuore tenero abituato ad arrangiarsi e di origine plebea.
I ruoli di spalla e di comico sono intercambiabili, perché se nella tradizione la spalla è in genere il furbo e il vero comico è l'ingenuo, con il duo siciliano non esiste una demarcazione netta in quanto i due sanno porgere le battute vicendevolmente.
La storia della pellicola segue la linea del film precedente: se ne "Il sette e l'otto" i due protagonisti si incontrano perché venuti improvvisamente a conoscenza di essere stati vittime di uno scambio di culle, qui invece sono due cugini figli di due fratelli in dissidio pluriventennale, ritrovatisi in maniera alquanto rocambolesca.
I tic e gli spunti della società di oggigiorno non mancano: Picone è un ipocondriaco patologico, Ficarra ha aperto una curiosa agenzia matrimoniale per chi bisogno di un permesso di soggiorno.
Le avventure, a metà tra il grottesco e il paradossale con uno sguardo alle realtà negative della Sicilia, mantengono un buon ritmo per tutta la pellicola, tra l'altro di durata non eccessiva, i dialoghi sono briosi e non volgari, cosa ai tempi nostri assai rara soprattutto se si pensa ai livelli dei cinepanettoni e i comprimari sono decisamente all'altezza.
Di ottimo livello la partecipazione straordinaria di Pino Caruso, un caratterista di razza ed è altrettanto positiva la prova di Claudio Gioè, che passa con disinvoltura dal ruolo serio e duro di Totò Riina a quello di un operatore sanitario cialtrone ed affarista.
Divertentissima l'interpretazione di Tuccio Musumeci, un altro grande attore siciliano nel ruolo dello sposo anziano e succube della mamma.
Per una volta alla bella di turno non è affidato solo il compito di far lustrare gli occhi alla platea maschile come capita ormai da troppi anni nel nostro cinema: Anna Safroncik, anche se non onnipresente, recita e diverte.
Di certo non si vuole con questo affermare che "La matassa" sia un capolavoro, ma di sicuro rappresenta un'eccezione nella attuale cinematografia leggera italiana, con l'augurio che si possa trasformare in regola così come accadeva molti, troppi anni fa.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 14/04/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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