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Voleremo liberi attraverso il cielo come eroi senza tempo In un'altra epoca, in un luogo lontano... un'avventura epica sta per prendere forma. E se anche venissi esiliato nell'angolo più buio della terra, l'amore che è in me non lascerà che diventi uno spirito solitario
Avventura epica o storia di sentimenti e di passioni, che tocca le corde più intime dell'animo? Conoscendo Ang Lee e le sue opere sarebbe facile propendere più per la seconda lettura.
"La tigre e il dragone" è e rimane comunque un film d'azione, costruito pagando un contributo al culto popolare e alla spettacolarità, con mirabolanti giravolte nell'aria, combattimenti a volte cruenti a volte no, sempre ricchi di evoluzioni e di esercizi marziali, secondo lo stile della cinematografia di Hong Kong.
Perché è a questa che il regista si è ispirato nel congegnare la sua pellicola, dando vita a «una Cina dei miei sogni, una Cina che probabilmente non è mai esistita se non nelle fantasie della mia infanzia taiwanese».
Se poi alle fantasie di un ragazzo si aggiunge l'ispirata sensibilità di un uomo che ama scavare dentro le emozioni dei propri personaggi (emozioni che possono essere l'amore e l'odio, la paura e la morte, senza mai dimenticare gli ingredienti fondanti di qualsiasi film d'azione orientale: il codice d'onore, la lealtà, la giustizia, la tradizione), non poteva uscirne che "La tigre e il dragone".
Con un'incursione nel retaggio culturale della Cina classica, Ang Lee fa incrociare ai suoi personaggi le spade e le lance da combattimento portandoli a esprimere l'essenza intima della dottrina taoista, pur senza menzionarla apertamente, lasciando che siano le azioni e i gesti, gli scontri, i calci e i pugni, le rincorse a mezz'aria a rivelare a chi li vuol cogliere, i segreti dell'esercizio fisico e del pensiero taoisti, espressi attraverso le arti marziali. È possibile così vedere emergere figure eroiche e valorose come Li Mu Bai, che avendo dedicato la sua esistenza a combattere il male, ora vive attanagliato da conflitti interiori e contraddizioni che sembrano cozzare contro la sua rettitudine morale. Profondamente ed essenzialmente umano in questo, senza apparire rassegnato e quanto mai lungi dall'abusare della sua posizione di maestro di spada, Li Mu Bai saprà additare alla sua allieva Shu Lien e, più tardi, alla ribelle Jen Yu, il cammino verso la ricerca dell'armonia.
Non pago di ciò, Lee ha voluto aggiungere un ulteriore tocco personale al suo film, attribuendo i ruoli guida a personaggi femminili: per prima Shu Lien, che raccoglie – oltre che fisicamente (attraverso la spada destino verde) anche idealmente – l'eredità di Li Mu Bai, il quale ha deciso di abbandonare la vita del guerriero errante per entrare nell'età matura seguendo la via del Tao alla meditazione. Innamorati da sempre l'uno dell'altra, ma troppo riservati e troppo ritrosi per dichiararsi reciprocamente, il loro rapporto sembra di fatto trascendere la fisicità per sublimarsi nella spiritualità assoluta, coadiuvati in questo dalla perenne lotta contro il male, impersonato dalla perfida Volpe di Giada, che li ha sì tenuti divisi, ma ha così contribuito a rinsaldare il loro legame, fino al sacrificio estremo di Li Mu Bai che dona la propria vita, mentre uccide Volpe di Giada, per salvare Shu Lien e la giovane Jen Yu.
Attorno a quest'ultima si dipana l'altro racconto, fatto di passioni travolgenti e di contese, animato da fughe e inseguimenti, da corse a cavallo attraverso il deserto, che trova spazio accanto alla storia di Shu Lien e Li Mu Bai: è Jen Yu infatti a innescare, rubando destino verde, il motore della lotta all'ultimo sangue tra Volpe di Giada (sua maestra e mentore) e i guerrieri erranti. Troppo fredda e insensibile per capire la differenza tra lealtà e amore e troppo irruente nel vivere la sua avventura con Lo, il capo dei predoni che l'ha rapita, Jen Yu saprà riscattarsi alla fine seguendo gli insegnamenti di Li Mu Bai, affidandosi al cuore nelle sue scelte amorose e gettandosi nel vuoto dall'alto della montagna, nella fanciullesca aspirazione di vedere realizzato il desiderio di unirsi per sempre a Lo e di tornare a correre con lui sulle sterminate distese dello Xinjiang.
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Recensione a cura di Severino Faccin - aggiornata al 24/01/2011 11.21.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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