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Giuseppe Piccioni dopo il successo del film "Fuori dal mondo" con Margherita Buy e Silvio Orlando, ha voluto con questa nuova pellicola ritentare l'approccio pseudo-religioso e salvifico ma conseguendo dei risultati ben differenti rispetto alla prova precedente.
Il protagonista del film è Luigi LoCascio nel ruolo di un autista solitario e sognatore costantemente in bilico tra la sua realtà e la storia di un fantomatico alieno Morgan, suo doppio, simbolo della sua difficoltà a essere sulla Terra.
Incontrata per caso una bambina, Antonio (il nome del protagonista) si innamora della madre di questa (una intensa Sandra Ceccarelli già ammirata ne "Il mestiere delle armi") e per amore suo entra in un mondo che non gli appartiene, quello dell'usura e dello sfruttamento degli emigrati clandestini.
Fin qui il nucleo fondamentale del film che potrebbe dare qualcosa di buono se non fosse stato condotto in maniera approssimativa.
Lo Cascio sembra molto a disagio nel suo ruolo, inespressivo e imbarazzato, la voce fuori campo che parla del mondo parallelo di Morgan è estenuante e devìa un po' l'attenzione dello spettatore inoltre la presenza costante dei romanzi della serie Urania è piuttosto fuori luogo considerato che Morgan è un personaggi inventato di sana pianta, inoltre la tendenza al sacrificio per amore sembra esasperata oltre misura fino al limiti del parossismo così come snervante è la pur bella ma onnipresente colonna sonora di Ludovico Einaudi.
L'idea originale del regista era quella di portare avanti un viaggio interiore nelle anime perse dei due protagonisti con l'intento di dare al loro occasionale incontro un significato salvifico ed epifanico ma presto l'utilizzo dei silenzi e dei primi piani fatti di sguardi, lo scivolamento in una serie di sotto-storie annoia anche lo spettatore più accorato facendogli perdere il gusto di seguire la trama.
Silvio Orlando, nel ruolo dell'usuraio non appare molto in parte; inutile la scena del ballo inserita forse per dare un tono più leggero al film ma con risultati deludenti e inoltre la sua presenza nel film sia pur rilevante sul piano quantitativo di scene recitate non sembra colpire più di tanto lo spettatore.
La sotto-storia dei clandestini bengalesi è portata avanti in maniera tale da essere totalmente banalizzata e la solitudine del datore di lavoro dell'autista Antonio è noiosa e ovvia.
Piccioni insiste nel voler mostrare i dolori del prossimo costringendo a trovare in tutti i protagonisti un lato oscuro della propria esistenza e così un cliente di Antonio in pochi minuti è invitato a parlare della sua vita segnata dal dolore per l'immatura scomparsa della consorte, malinconica e problematica appare Lisa figlia della donna amata dal protagonista, ripiegata in se' stessa la donna che cerca tra i surgelati un ciondolo, caro ricordo della sua misera vita.
Resta così il rimpianto di aver sciupato un'occasione per valorizzare degli attori di ottimo calibro, forse per timore di vedersi sfuggire dalle mani la storia che però, gestita in questo modo non riesce a venir fuori in alcuna maniera.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 24/06/2004
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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