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Tratto dal romanzo di Eric-Emmanuel Schimmt e girato con grande maestria da François Dupeyron, il film segna il ritorno sulle scene dopo la partecipazione ne "Il tredicesimo guerriero" di Omar Sharif indimenticato interprete de "Il dottor Zivago" e sicuramente l'attore arabo più conosciuto dalla platea internazionale.
Il vero protagonista del film (ambientato nei primi anni Sessanta) è un ragazzo sedicenne (anche se dall'aspetto sembra più giovane) Mosè detto Momo, ebreo e con alle spalle una disastrosa situazione familiare.
Il ragazzo vive con suo padre in un quartiere periferico parigino abitato da ebrei ortodossi (si vedono passare di tanto in tanto uomini dai caratteristici abiti scuri e con i capelli a boccoli).
Ma il quartiere è anche territorio di alcune "allegre signore" a cui Momo spesso si rivolge arrivando piano piano a dilapidare gran parte dei suoi risparmi.
In questa Parigi lieve con prostitute alla "Irma la dolce" si trova anche la bottega dell'anziano commerciante Ibrahim, un turco musulmano sufi come tiene a precisare sin dalle prime battute.
Ibrahim è quasi sempre seduto dietro la cassa e osserva il mondo circostante, un mondo piccolo (le riprese per gran parte del film si limitano a pochi campi d'azione: la bottega di Ibrahim, la strada, la casa di Momo e delle sue "amiche") ma nonostante possa dare inizialmente l'impressione di conoscere poco del mondo esterno, in realtà Ibrahim è un saggio.
Momo istintivamente si accosta a lui e in lui trova l'amico, il padre, il consigliere.
Il film diventa così una storia di iniziazione (l'ingresso nel mondo degli adulti da parte di Momo) ma anche una storia di amicizia che sfida i confini dell'età e delle confessioni religiose.
Così l'ebreo Momo ignaro della sua fede si finge il musulmano Mohamed quando rimasto orfano si trova faccia a faccia con la madre che avendolo abbandonato da piccolo non può riconoscerlo.
Omar Sharif è sicuramente straordinario in un ruolo che sembra cucito per lui e finalmente esprime tutta la sua bravura non avendo paura a mostrarsi con l'andatura incerta, gli abiti logori, la pancia prominente e la dentatura imperfetta.
Il coprotagonista Pierre Boulanger forse un po' statico nelle sue espressioni facciali si presta bene ai duetti con il suo mentore, buona è anche l'interpretazione di Gilbert Melki nel ruolo del padre di Momo sempre malinconico ma nello stesso tempo capace di destare involontariamente ilarità (la scena del cibo per gatti fatto passare da Momo -su consiglio di Ibrahim- per patè e considerato ottimo dall'ignaro padre) mentre da notare il cameo di Isabelle Adjani nel ruolo dell'attrice molto bardottiana (è proprio Brigitte Bardot?).
Il film brilla anche per l'ottima colonna sonora e per la ricostruzione dell'epoca estremamente fedele, belli anche i colori e la fotografia.
Interessante l'idea di usare la camera a mano nella casa di Momo e i molti primi piani quasi a indicare una sorta di artigianalità nelle riprese.
La storia pur essendo di impostazione drammatica mantiene per tutto il film una leggerezza da commedia anche se il suo punto di debolezza si trova nel finale forse un po' prevedibile e affrettato. Complessivamente comunque mantiene le aspettative ed è un'altra buona prova della cinematografia francese di oggi.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 16/06/2004
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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