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Un casco da motociclista pieno di pioggia, una ragazza distesa per terra e intorno gente che le presta i primi soccorsi.
Questa la prima drammatica scena.
Attoniti, gli spettatori si trovano a seguire la dinamica dei soccorsi: alla ragazza vengono tagliati i
capelli, buttati impietosamente sul pavimento dell'ospedale, viene spogliata e intubata, ancora col sangue raggrumito sulle tempie e ormai ridotta a un essere incapace di reagire.
Sotto la pioggia scrosciante mentre la ragazza dell'incidente è sottoposta ad un intervento, una misteriosa donna con delle scarpe rosse e i capelli cortissimi si siede e aspetta.
L'inizio è angosciante, lascia lo spettatore avvinto e getta bene le basi per il proseguimento di questo film "familiare" scritto e voluto fortemente dalla coppia Mazzantini-Castellitto (la scrittrice autrice del libro che ha ispirato la pellicola si regala una comparsata alla maniera di Hitchcock nel finale).
Per chi ha letto il libro i confronti sono inevitabili; sicuramente Castellitto è stato fedelissimo.
Stesso linguaggio tecnico nelle scene mediche, stessa compostezza, solo qualche piccola licenza poetica: la scena del balcone quando lui innaffia le piante in maniera poco ortodossa.
La contrapposizione tra la Roma del chirurgo arrivato, Timoteo e la squallida periferia di Italia è un'altra cosa che salta agli occhi: la villa estiva del chirurgo con i suoi mobili perfetti è il simbolo della borghesità, le inquadrature di ispirazione pasoliana sugli scheletri di palazzi mai terminati mostrano l'altra vita con cui molti abitanti della capitale devono fare i conti giornalmente anche se però Castellitto non va oltre proseguendo nell'intento di realizzare un mélo e non volendo fare una denuncia di uno stato di cose.
Colpisce però questa storia d'amore con una donna ai margini della società, brutta e ripiegata su se' stessa ma anche dignitosa che subisce una violenza ma violenta il cuore di un uomo rampante e senza più sogni e colpisce Penélope Cruz capace di trasformarsi per questa povera Italia: magra, coi capelli in disordine e i denti gialli, traballante su scarpe dal tacco troppo alto.
La Cruz ha voluto seguire la moda di tante attrici di Hollywood dalla Kidman alla Zellweger: quella di apparire brutte per essere brave e sembra esserci riuscita in pieno perché è convincente nel suo personaggio, un po' meno nel suo esotico accento, va però premiata la decisione di voler recitare in italiano.
Scialba appare la Gerini così come scialbo è il suo personaggio di donna alto-borghese sempre perfetta e sontuosa, anche nella provocazione del coito con il marito. La sua alterigia viene un po' irrisa nella scena della toilette ma comunque il suo personaggio appare sempre un po' distaccato e finto persino nel dolore di madre ormai matura e cresciuta con sua figlia.
Il personaggio di Timoteo doveva scontatamente essere di Castellitto già dalla lettura del libro della Mazzantini sebbene nel romanzo non vi siano cenni all'aspetto fisico del suddetto. Tuttavia l'interprete è misurato e bravo come sempre, sicuramente renderà ancor meglio nelle sue prossime regie (questa è già un grosso salto di qualità rispetto a "Libero Burro").
Tra i caratteristi l'occhio ceruleo della Finocchiaro è quello che colpisce positivamente. Un'ottima attrice capace di passare dalle lievi atmosfere dei film di Nichetti al clima cupo di "Non ti muovere" merita sicuramente un applauso.
Per finire un accenno alla colonna sonora, dalla canzone di Vasco Rossi che apre e chiude il film a
"Gli amori" vecchio successo primi anni Novanta di Toto Cutugno scelto per contraddistinguere un'epoca e una tipologia di ascoltatori.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 25/03/2004
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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