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Emanuele Crialese, mancata nomination per il recente "Nuovomondo", si è fatto conoscere dal pubblico cinematografico con il film "Respiro", in realtà sua opera seconda, uscita sugli schermi qualche anno fa. La regia di Crialese, particolare per la tematica scelta, si mostra forse spesso troppo intellettuale, costringendo lo spettatore a concentrarsi sulle immagini per cercarne il recondito significato.
L'opera, originale e ricca di citazioni cinematografiche, è affidata quasi totalmente ad attori poco noti; caratteristica questa che le conferisce un taglio quasi neorealistico unito anche all'ambientazione squisitamente mediterranea, con sequenze girate perlopiù in esterni sotto un sole abbacinante e privilegiando i colori tipici del nostro Sud: l'azzurro di mare e cielo, il giallo del sole, il rosso ed il bianco delle case. Al di là da questa connotazione esclusivamente "visiva" la storia può definirsi come un ritratto dell'alienazione nel senso più ampio del termine, laddove alienato significa allontanato, distante.
Alienata è l'ambientazione del film, Lampedusa, un'isola molto a sud, distante appunto dal resto dell'Italia e anche dall'altro continente che ad essa si contrappone, alienati sono gli abitanti, destinati a vivere di pesca e di cose semplici, occupati sempre nelle loro attività alacri (citazione de "La terra trema" del grande Luchino Visconti) e alienata è la protagonista, Grazia, a cui dà vita l'unica interprete nota presso il grande pubblico di tutta la pellicola, Valeria Golino, moglie e madre bambina di tre ragazzi che si occupano di lei con responsabilità e affetto. L'isola, la vita semplice, il ruolo di moglie e madre stanno stretti ad una donna che vuole vivere libera, senza legami, una donna che, come recita la nota canzone di Patty Pravo più volte ascoltata nel corso della storia, rifiuta di girare come una bambola.
Così la sua alienazione assume diversi connotati: lontananza da un nucleo strettamente legato a tradizioni e costumi e che rifiuta con fermezza di modificarsi ed aprirsi verso il nuovo, ma anche lontananza dai suoi ruoli in nome di una sua personale rivendicazione. Versione moderna di un racconto popolare, il canto dell'esclusa che divide il suo prossimo tra rifiuto e muta e rassegnata accettazione, Respiro è la metafora dell'esistenza uguale e monotona ma accettata o alienata e libera con i rischi che una scelta simile può comportare.
Difficile, quasi impossibile seguire l'intreccio, la storia in sé evanescente, trama esile e sottile affidata non ai dialoghi ma ad una recitazione più intima fatta di sguardi, fughe, a sottolineare l'alternarsi tra immensa felicità e disagio profondissimo. Una depressione sublimata quella di Grazia, nome che evoca uno stato di perfezione, contrapposto a quel sentirsi non accettata, a quel non accettare, al morire e al risorgere a nuova vita. Film "strano", "Respiro", irrisolto, difficile, ma sicuramente da vedere, anche solo per tenere a mente quel mare così protagonista e l'invitation à vivre. Sempre, comunque.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 20/02/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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