Recensione valhalla rising regia di Nicolas Winding Refn Danimarca, Gran Bretagna 2009
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Recensione valhalla rising (2009)

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locandina del film VALHALLA RISING

Immagine tratta dal film VALHALLA RISING

Immagine tratta dal film VALHALLA RISING

Immagine tratta dal film VALHALLA RISING

Immagine tratta dal film VALHALLA RISING

Immagine tratta dal film VALHALLA RISING
 

Per lunghi anni un guerriero muto e dalla forza sovraumana è stato tenuto prigioniero da un capo clan vichingo. L'uomo però riesce a uccidere il suo carceriere e a fuggire assieme ad un ragazzo. Il loro viaggio sarà pieno di pericoli oscuri: imbarcatisi su una nave, si ritroveranno nel mezzo di un misterioso e impenetrabile banco di nebbia che si diraderà solo per lasciarli approdare su una terra sconosciuta.

Nicholas Winding Refn è ancora un oggetto abbastanza misterioso per il grande pubblico italiano, pur essendo stato assunto a regista di culto con l'esordio folgorante a soli 26 anni di" Pusher", in cui Refn descrive uno spaccato del mondo della microcriminalità di Copenaghen e dove omaggia allo stesso tempo un certo tipo di cinema americano che ben conosce.
Tuttavia la sua filmografia nel nostro paese è limitata sostanzialmente a "Pusher" appunto e i due capitoli successivi, sempre eccellenti dal punto di vista qualitativo, ma diretti anche per bisogni impellenti di cassa, considerato il tracollo commerciale di "Fear X" con John Turturro. Poca fortuna distributiva delle sue pellicole per il regista danese, ad eccezione di Bronson dalla comunque limitatissima circolazione.
"Valhalla rising", tuttora inedito nel nostro paese, non è certo uno di quei film fatti per compiacere il pubblico, anzi si può affermare con alta probabilità di non essere smentiti che questo film non farà emergere dall'anonimato Refn. Il tono di questa pellicola non è minimamente paragonale ad action movie come "Outlander" o "Pathfinder", tanto per citare degli esempi. Valhalla rising è un film completamente diverso, quindi bisogna mettere da parte ogni scrupolo e scordarsi ogni velleità di puro intrattenimento e divertimento.

Più che nei dialoghi, ridotti all'essenziale, "Valhalla rising" parla molto con le immagini, potenti e visivamente suggestive. Il panorama selvaggio, ai limiti dell'inospitalità, del primo terzo di film riflette perfettamente il carattere violento di un mondo dominato dalla barbaria pura. La collocazione temporale degli avvenimenti di "Valhalla rising" può essere inserita intorno all'anno 1000, ma riferimenti precisi non ce ne sono, complice soprattutto lo sfondo desolato del paesaggio che conferisce alla pellicola un carattere piuttosto atemporale. Le tribù dei luoghi si sfidano a lunghi ed estenuanti duelli all'ultimo sangue, ognuno con il proprio rappresentante, mentre nel frattempo si percepiscono da lontano le lotte religiose che insanguinano la regione. Il paganesimo è sotto forte pressione dell'avanzante cristianesimo e i capitribù avvertono chiaramente che i tempi stanno cambiando.
Non c'è assoluta enfasi intorno ai duelli, i convenuti osservano i contendenti con atteggiamento molto composto e distaccato e la vittoria o meno del proprio rappresentante non provoca particolari entusiasmi, come il ripetersi di un rituale che avviene da tempo immemorabile.
E sono le immagini che parlano: corpi lacerati dalle ferite, cosparsi di tatuaggi e sporchi di fango, rumori di ossa rotte, il rosso del sangue. Tutto descritto con eccellente realismo dalla regia di Refn alternando immagini fisse con riprese a mano.

Il campione di questi duelli è uno schiavo muto, con un occhio solo e tenuto prigioniero come un animale. Ha una forza devastante tale da uccidere di volta in volta gli avversari praticamente a mani nude, senza tuttavia provare alcun piacere o soddisfazione nel farlo. Uccidere l'avversario é semplicemente l'unica garanzia per la propria sopravvivenza.
L'ennesimo trasferimento dopo un combattimento, fornisce allo schiavo orbo l'occasione per liberarsi dai propri aguzzini, aiutato probabilmente (il film lo lascia intuire) anche dal bambino che gli porta il cibo nella gabbia. Finita l'opera con lo sterminio di tutti i suoi carcerieri, appende sopra una lancia la testa del capotribù sul campo dei duelli. Il suo unico trofeo dopo tante vittorie. Ha inizio una fase della sua vita: l'inizio dell'Ascesa.
Il carattere enigmatico del film di Refn, ruota attorno alla figura di questo guerriero muto. One-eye è il nome che gli attribuisce il bambino, considerando la sua menomazione fisica, ma sicuramente non è nemmeno il suo vero nome. Per assonanza può ricordare gli eroi spaghetti western leoniani, la cui origine è quasi sempre sconosciuta, così come la loro provenienza o dove andranno in futuro, però in questo caso il personaggio offre una maggiore complessità. Il fatto che One Eye sia muto crea un certo disagio in chiunque gli rivolga la parola. I suoi pensieri e le sue intenzioni creano comunque un certo margine di ambiguità agli occhi dei propri interlocutori, malgrado prendano forma attraverso le parole del bambino, con il quale One Eye ha nel frattempo creato una sorta di semi simbiosi.
One Eye va oltre l'umano, non solo per forza fisica, ma per la dote di preveggenza che possiede. L'occhio mutilato fisicamente schiude una vista più profonda, al pari di un semidio o forse di un'incarnazione umana di Odino, anch'esso con un occhio solo. Questi squarci di futuro indicano un destino predefinito, una strada da seguire che lo condurrà con altà probabilità verso il luogo delle sue origini.
Incute timore, diffidenza e una non celata paura nel gruppo di guerrieri cristiani che incontra sul suo cammino, ma essi stessi sono consapevoli del valore del guerriero, pressochè invincibile, poichè la sua stessa fama lo ha preceduto. Hanno l'occasione per portare dalla loro parte uno strumento utile per i loro scopi: andare in Terra Santa e difendere il santo sepolcro dalle orde di infedeli ed è in questo contesto che One Eye fa emergere con la sua sola presenza quanto sia sottile il confine della spiritualità religiosa con la sete di potere dei cristiani.
Non c'è alcuna differenza in fondo con la sua condizione di prigioniero con i pagani, anzi da schiavo dei pagani e guerriero per i cristiani, l'ascesa si limita soltanto al suo status sociale. In tutte e due i contesti è lo strumento per l'acquisizione e il mantenimento del potere acquisito. A nulla valgono le parole del bambino quando afferma che la provenienza di One Eye è l'Inferno. E' troppo importante per i guerrieri cristiani acquisire un mezzo per le proprie ambizioni di facciata ("liberare la Terra Santa") e quelle reali ("potere e ricchezza"), quindi anche fare patti con il presunto Diavolo in persona va bene.
Tali contraddizioni emergono proprio nella lunga sequenza della nave persa nei meandri della nebbia dove l'atmosfera del paesaggio muta profondamente fino a diventare irreale. Un lungo stato onirico dove le umane debolezze e la conflittualità dei cristiani si mostra nelle sue sfumature. One Eye è un demone o un salvatore? Alcuni tentano persino di ucciderlo senza riuscirci, non sa cosa sia la fame o la sete che flagella il fisico e la mente degli altri guerrieri. E' un essere che va oltre l'umano, insensibile ad ogni sofferenza.

Scomparsa la nebbia, la nave si ritrova in quella che teoricamente dovrebbe la Terra Santa, ma ben presto il gruppo comincia ad essere preso dai dubbi circa l'effettiva destinazione raggiunta. Conferma che viene verificata quando vengono attaccati da lance e frecce di una tribù sconosciuta che miete ancora vittime e getta ancor più nello scoramento i guerrieri vichinghi.
Il paesaggio muta di nuovo, non più le terre aspre e selvagge della prima parte del film, non più l'ambientazione metafisica durante la fase del viaggio in nave, ma una terra apparentemente più rigogliosa e ospitale. Tuttavia è percepibile una forte atmosfera di minaccia in ogni luogo. Gli attacchi possono ripetersi, non c'è presenza di alcun riferimento conosciuto.
L'ipocrisia dei guerrieri cristiani viene a galla per bocca del leader dei cristiani: se questa non è la Terra Santa, bisogna fare in modo di assoggettare le tribù primitive, convertirle al cristianesimo e gettare le basi per un dominio totalmente nuovo, i cui beneficiari delle ricchezze saranno loro soltanto. Scompare quindi ogni traccia di spiritualità negli obiettivi dei cristiani, rimane solo la sete di potere che provoca la completa perdita di controllo da parte degli avventurieri cristiani.
One Eye è disinteressato dal destino degli altri, a parte il bambino. Unico punto di riferimento per i sopravvissuti, viene eletto coma una specie di messia verso il nuovo mondo, ma è tutto inutile. Il suo unico interesse è seguire il suo fato guidato dalle proprie visioni preveggenti e rivela sempre per bocca del bambino la loro condanna a morte. L'ultimo passo è il sacrificio di sé stesso e il raggiugimento della propria redenzione.

"Valhalla rising" si avvale di un apparato visivo di prim'ordine, reso da una fotografia livida molto evocativa ed efficace soprattutto nella prima parte del film. In una pellicola dove i dialoghi sono ridotti all'osso, Refn ha puntato molto nella resa delle immagini e nell'uso molto accurato dell'ottima colonna sonora di Peter Kyed che accresce sensibilmente l'effetto straniante del film fino a sconfinare nel metafisico. Ad una prima parte straordinaria si contrappone una seconda, con l'approdo alle nuove terre, certamente meno innovativa in cui sono troppo evidenti i riferimenti a cui Refn rende omaggio: l'Apocalypse now di Coppola, in cui One Eye ne è tutto sommato il traghettatore verso il cuore di tenebra del nuovo mondo e l'idea del viaggio destinato alla sconfitta anche per l'eccessiva ambizione dei guerrieri cristiani (Aguirre di Herzog).
Mads Mikkelsen, vero attore fetticcio di Refn, è bravissimo nel rendere il proprio ruolo nel suo duplice aspetto: straripante dal punto di vista fisico quanto trattenuto da quello emotivo, il che non gli impedisce di essere un personaggio senza carisma. Proprio dalla forza del suo carisma, One Eye assoggetta gradualmente gli altri guerrieri.
Come già detto non è un film di facile fruibilità, carico inoltre di molte simbologie che lo rendono anche molto complesso, ma senza dubbio "Valhalla rising" ha la forza, soprattutto visiva, per poter affascinare lo spettatore e la conferma delle possibilità di un regista che può dare molto al cinema.

"The boy said he was from Hell, maybe that's where we are going"

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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 25/01/2011 10.10.00

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