Ogni giorno Stavros alza la serranda del suo chiosco, appende i giornali sulla vetrina, quindi sistema le sedie sulle quali lui e i suoi amici passeranno la giornata, con a catalizzare il loro interesse un crocicchio polveroso e circondato di edifici grigiastri, sede dei loro commerci. Dal marciapiede di fronte, e con grande orgoglio di Stavros e compari, il cane Patriota abbaia ogni volta che passa un albanese. Stavros e i suoi amici, infatti, non amano quegli stranieri, anche se fanno i mestieri che i greci si rifiutano di fare; né gradiscono i cinesi che si stanno insediando nel quartiere. Sulla soglia del baracchino la madre di Stavros, sempre più svanita, languisce nella sua poltrona nonostante le cure e l’amore del devoto figliolo. Questo trantran precipita il giorno in cui la donna si abbandona tra le braccia di un lavoratore albanese chiamandolo «Figlio mio!» in albanese.
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