Baaria è il nome fenicio di Bagheria: attraverso le vicende di tre generazioni di una famiglia il film racconterà un secolo di storia italiana, con le Guerre Mondiali e l'avvicendarsi, sulla scena politica, di Fascismo, Comunismo, Democrazia Cristiana e Socialisti.
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L'intreccio si presenta articolato tramite due espedienti narrativi. L'uno decisamente abusato al cinema come in letteratura, ovvero quello di raccontare una storia impossibile di cui però resta al protagonista una testimonianza concreta; l'altro più originale ma francamente poco interessante, la corsa come metafora del tempo che passa e torna indietro. Appare chiaro come l'intenzione sia quella di produrre un colossal alla "C'era una volta in America", con tanto di accurata presentazione del contesto storico-politico, due-tre personaggi principali da riprendere nelle fasi clou della loro vita, un universo corale atto ad animare il suddesto contesto al fine di renderlo attraente e vagamente nostalgico. Appetibile, insomma, a quanta più gente possibile. Se "Nuovo Cinema Paradiso" si presentava come un elegiaco omaggio al cinema e a tutto ciò che universalmente rappresenta, "Baaria" ne eredita le intenzioni, o per meglio dire 'le pretese', dimenticandosi del resto. Pura forma senza contenuto, significante senza alcun significato. Tornatore perde di vista il modo stesso di fare cinema, preoccupandosi più del trucco dei protagonisti (tutti belli, puliti e che ovviamente si vogliono un gran bbene) che delle loro anime. 2 ore e mezza di pretese autoriali, strizzatine d'occhio a nuovo cinema paradiso, siparietti comici presi da zelig, paronamiche-che-nostalgia!, addii-niente-sarà-più-come-prima e via cazzeggiando. RIP