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Il dio di Margareth, ragazzina dodicenne figlia di una cristiana e di un ebreo, non riflette le credenze dei suoi genitori. E' qualcosa di indefinito, un'entità silente cui confida le ansie di una qualsiasi ragazzina in mezzo ad un periodo di grossi cambiamenti. Un racconto di coming of age piuttosto brillante che ha il merito di creare una buona empatia con la sua giovane protagonista e presenze solidissime come la MacAdams e la Bates in validi ruoli di supporto. Il punto di osservazione di questa ragazzina ed il suo gruppo di giovani amiche che vogliono crescere e diventare adulte e donne è ben raccontato, è spigliato e divertente, meno banale di quanto mi aspettassi.
M'è incomprensibile il motivo per cui Kelly Craig non abbia aggiornato il libro del '70 di Judy Blume, al che il suo film non è più un romanzo di formazione ma una ricostruzione storica nell'ottica dei boomer. Nell'ovattata villetta del New Jersey non giungono i suoni della guerra in Vietnam e la pubertà ancora coincide con dilemmi interreligiosi, mentre oggi si passa direttamente all'ateismo. Anch'il quotidiano della CEI sta pubblicando articoli d'analisi sul crollo dei praticanti pure fra i giovani (https://www.avvenire.it/podcast/pagine/ep20-perche-i-giovani-lasciano-la-chiesa-prima-parte, https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/i-giovani-che-abbandonano-la-chiesa-non-hanno-trovato-le-risposte-giuste). E comunque mi sta già stancando che per il ruolo d'un ebreo si scelga Benny Safdie come in "The Curse": l'analoga stereotipizzazione d'un indiano con Dev Patel?
Un buon film di formazione, filone abbastanza in voga negli ultimi anni, l'ho trovato molto umano e realistico nella descrizione dei personaggi, raramente divisivo, con buona parte dei caratteri che non sono ne positivi ne negativi, soltanto influenzati da sovrastrutture preesistenti, ma andiamo con calma.
La giovane Margaret improvvisamente deve trasferirsi da New York al New Jersey, cambiando totalmente vita, scuola, amici e via dicendo, ricominciando tutto da capo e inevitabilmente restando lontana dalla tanto amata nonna. Interessante come fin da subito il film si concentri sul mostrare le dinamiche che intercorrono nei rapporti interpersonali prima con la famiglia e poi con gli amici, Margaret si ritrova in mezzo a due principali grandi temi, quello della religione e quello della scoperta della sessualità, un dualismo che ogni tanto collabora - apparentemente - ogni tanto cozza.
Il destino mette Margaret in una posizione in cui deve scegliere indipendentemente la religione, avendo la madre cristiana e il padre ebreo, è qui che lei prova a sperimentare andando prima al tempio ebraico con la nonna paterna poi frequentando anche la chiesa con i nuovi amici, il film mostra successivamente molto bene la continua lotta religiosa, poi approfondita con la figura dei genitori della madre, che non le parlavano più da anni perché aveva sposato un ebreo, creando una triste riflessione sulle convinzioni estremiste e la personale interpretazione di dottrine che teoricamente predicherebbero l'amore fraterno e l'accettazione, io penso che il film non si scagli contro la religione in sé ma contro il bigottismo e l'accanimento verso il diverso, contro l'interpretazione coercitiva che si da alla dottrina, ma anche contro quel condizionamento che prova a dare ai bambini fin da piccoli - in questo mi ha ricordato molto uno dei miei film preferiti del nuovo millennio, ovvero Corpo Celeste della Rochwacher -
L'altro aspetto trattato, quello della sessualità, mostra caratteristiche molto simili ma da un punto di vista diverso, anche in questo caso le protagoniste, delle ragazzine di appena dodici anni, si troveranno a fare i conti con il loro sviluppo e i tempi biologici di crescita, da quella che ha uno sviluppo più precoce ad altre che si sentono rimaste indietro per magari uno sviluppo più lento, visto da spettatore è uno spettacolo quasi sofferente, mi ha creato un po' d'angoscia vedere quanto effettivamente si dannava Margaret per non aver avuto ancora il ciclo o per non indossare ancora il reggiseno, ennesimo problema di un contesto basato sempre di più su standard estetici da rispettare per sentirsi all'altezza, così come mi ha messo una incredibile tristezza di fondo il loro rituale per far crescere il seno, ma il motivo è anche perché probabilmente avrei fatto lo stesso da ragazzino se mi avessero detto di un rituale per far crescere qualche parte che mi interessava, la realisticità della situazione personalmente mi ha turbato.
Il film procede destreggiandosi tra queste tematiche, regalando tanti momenti che seppur sembrino comici all'apparenza causano parecchie riflessioni, mi sono piaciuti anche i personaggi dei genitori, mai troppo negativi o positivi, con gli alti e bassi che possono vivere nel rapporto con i figli nella vita quotidiana.
Se c'è qualcosa che non mi ha fatto impazzire è la messa in scena, un po' molto standardizzata, non che servisse una regia da paura, alla fine il film è basato più sulla sceneggiatura, però mi è sembrato tra regia e fotografia un po' televisivo, o comunque eccessivamente basic, pure la recitazione di qualche personaggio mi è sembrata un tantino impostata, ma sono dettagli, il film funziona e fa riflettere.
Un'altra teen comedy americana che esplora il mondo adolescenziale a 360°, non facendosi mancare nulla: dal menage famigliare in evoluzione, alle nuove amicizie, dai primi amori adolescenziali, ai primi cambiamenti fisici, fino agli aspetti distruttivi della religione che divide invece di unire. Una storia raccontata con garbo, diretta e interpretata bene, capace di coinvolgere e intrattenere degnamente regalando qualche sorriso e piccoli, grandi spunti di riflessione. Un prodotto discreto, che ha qualcosa da dire, anche se con qualche piccola ingenuità in corso d'opera.