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Un pò sulla strada già tracciata da "Joker", un film che riporta Besson sulla mappa degli autori che hanno ancora qualcosa da dire dopo troppi lavori non all'altezza. La storia è cruda e non propriamente plausibile, ma realizzazione, interpretazioni e la resa filmica finale non lasciano indifferenti. Consigliato.
Dopo l'action di spionaggio "Anna" che in fondo in fondo non mi era dispiaciuto, Luc Besson ritorna sul grande schermo dimostrando ancora una volta il suo talento visionario e l'originalità in alcune idee narrative che hanno contraddistinto da sempre il suo modo di fare cinema. Gran parte del merito della riuscita di "Dogman" è sicuramente la prova del protagonista Caleb Landry Jones con il suo "Doug Munrow", ruolo abbastanza complesso che come si suol dire calza a pennello all'eclettico attore statunitense. Poco originale la trama con il disadattato che dopo essere stato deluso dai comportamenti delle persone, in primis la famiglia, trova come unico sostegno la fedeltà con i suoi amati cani e cerca di trovare il giusto riscatto per una vita di sofferenza e privazioni. Sceneggiatura ed epilogo abbastanza scontati e poco ci azzecca l'ispirazione mistico religiosa del protagonista. Complessivamente una discreta pellicola che provoca inquietudine ed angoscia.
Peccato per la poca credibilità della storia, soprattutto nel rapporto di Douglas e i suoi cani e il suo modo di comandarli, per il resto una storia crudissima e violenta che racconta e fa sentire come ci si sente a essere gli ultimi e i più miserabili, completamente sfiduciati verso la razza umana. Ho apprezzato molto quella parte così come il personaggio principale ma anche la psichiatra e l'elaborazione psicologica che avviene col rapporto tra i due.
Film su un supereroe con velleità autoriali, di grande potenzialità ma che alla fine lascia davvero insoddisfatti. A parte la bellissima interpretazione del protagonista, la storia fatica davvero a stare in piedi, tutto è poco plausibile e lascia il tempo che trova.
Si lascia vedere tutto qui, non ci ricamerei sopra troppo.
L’ultimo film di Besson è un’opera interessante, con dei caratteri in linea col suo stile, solitari, incompresi, sopra le righe ma soprattutto molto riflessivi e dalla grande consapevolezza della propria condizione.
Dogman si pone un po’ a metà strada tra il dramma e il thriller, non tralasciando le componenti di nessuno dei due, dalla narrazione in flashback vi è un approfondimento quasi completo delle esperienze e soprattutto dei traumi del protagonista, dei sogni e dei rimpianti, degli affetti e delle delusioni, insomma a fine film sembra di essere vissuti sempre accanto a lui, di conoscerlo per bene, nulla è lasciato non spiegato, è per questo che la componente drammatica è molto forte, così come quella psicoaffettiva, non è casuale la presenza della psicologa, forse la prima persona nella sua vita con la quale si può confidare.
Tra la denuncia alle coercizioni di una figura paterna dispotica e violenta e la disillusione nel credere non sia rimasto nulla di buono negli esseri umani, il protagonista fonda la sua personalità, si aggiunge anche un po’ di critica religiosa qui restata ultimo baluardo di speranza di una persona disperata, il tutto è reso benissimo da Caleb Landry Jones qui meravigliosamente in parte e capace di passare tutta la sua sofferenza allo spettatore.
Se si perdona qualche forzatura narrativa, specialmente negli aspetti thriller riguardanti le malefatte del personaggio - mai davvero malefatte secondo il suo punto di vista, e qui Besson ne approfitta per rimettere in discussione bene e male, ma anche collocare l’essere umano all’interno del contesto - mi ha un po’ infastidito lo stile ridondante e alla ricerca dell’epico di Besson, col personaggio spesso con la battuta pronta, alla ricerca della frase ad effetto per cercare di far riflettere lo spettatore sulle tematiche, frasi che risultano spesso didascaliche e che sanno di troppo nel quadro di un film che già comunica bene con le immagini.
Carini gli aspetti tecnici con la fotografia al neon tipicamente postmoderna fatta di neri e colori accesi, ogni tanto glitterati, che un po’ mi hanno ricordato le avventure dei personaggi di autori contemporanei come Refn e Noé, ma Besson non ne raggiunge l’estremismo se non in qualche digressione eccessivamente nichilista ma pur sempre votata alla sopravvivenza.
In definitiva penso sia un film discreto, comunque una ripresa per Besson che personalmente negli ultimi anni mi aveva regalato più delusioni che gioie.
Il miglior film che ho visto quest'anno. Besson riesce a narrare con profondità e intensità drammatica una vicenda umana tragica di un uomo che cerca la sua identità nel rapporto con i cani dopo aver sperimentato la brutalità degli umani, anche nella sfera familiare. Lo fa però senza mai renderlo pesante, né noioso, né messianico, bensì a tratti ironico (nello stile che lo contraddistingue). Un film scritto benissimo, dove nulla è lasciato al caso, peraltro interpretato in maniera magistrale da un attore, Caleb Landry Jones, sul quale la parte sembra costruita a pennello.
"Ovunque ci sia un infelice, Dio manda un cane". Dogman colpisce l'animo dello spettatore, anche quello meno sensibile, anche se penso si possa presupporre che chi vada in sala sia, quantomeno, amante degli animali. Anzi, è forse l'ingrediente fondamentale. Caleb Landry Jones è immenso nel suo ruolo da "Joker dei cani", come è stato definito. Un film sulla solitudine e sull'emarginazione di chi ha difficoltà, sui sentimenti di chi sogna un amore impossibile di chi vuole portare avanti un progetto ma la "legge" glielo impedisce. Un film sulla violenza domestica, quella che sentiamo e guardiamo nei telegiornali. Ovviamente, come nei più classici film di Besson, dove non manca un po' di spettacolo finale, divertente ma mai fuori le righe. Straordinario.
Se dimentichiamo che Besson è il cineasta europeo più autoindulgente, che molti suoi film sembrano costruiti a tavolino (li pensa prima di farli e si vede pure troppo) allora Dogman è un capolavoro, altrimenti un film insopportabile. Può valere 4 o 9 allo stesso tempo. Purtroppo o per fortuna centra l'obiettivo, nonostante quel brutto finale alla Anorofsky (per favore, basta con l'etica sulla Vita le Divinità il senso dell'Esistenza e Dio, possibile che nessuno abbia la forza di trovare un senso LAICO alle cose?!) e una parte centrale dove sembra Goodfellas di Scorsese. Si resta ammirati, specialmente nella prima parte, dalla mostruosa performance del protagonista, un Travesti decadente che suscita ammirazione disprezzo pietà anche quando il registro vira sul grottesco e tenta di farci ridere. I dialoghi francamente fanno davvero pena, sembra uno di quei trattarelli da New Age che si comprano a cinque euro nelle librerie ("Abbiamo in comune il dolore" cfr. mi sembrava il dialogo tra il dr Lecter/Hopkins e la Forster in "Il silenzio degli innocenti"). Per dirla tutta, "Dogman" è un bel minestrone di ingredienti senza senso della misura, e alcuni sono STREPITOSI e altri TREMENDI. I comprimari, fantastici per quanto bizzarri. Una sorta di Sherlock Holmes post-moderno e una stralunata attricetta di teatro. Anche la musica è dosata bene nella sua improbabilità visiva si va dai Zz Top a Edith Piaf da Miles Davis agli Eurythmics. Le esibizioni del protagonista sono magnifiche, un corpo che, mentalmente, interpreta fino ad appropriarsene corpi e menti altrui. Un essere umano prigioniero di un corpo che ama solo se diventa (di) un altro. Cher, Edith Piaf, Marlene Dietrich. Ripeto, è uno di quei film che potrebbe cambiarti ottica di vita, anche se fa di tutto per essere, più che oltraggioso, pesantemente overflow. Sarebbe bastato un limite Besson avrebbe dovuto dirci che non si semina la distanza ma è una storia terribile che potrebbe appartenere a molti, invece ci tiene a mostrare solo l'aspetto deviato (distante dall'umanità circostante) del personaggio. Diventa un Freak disabile che addestra i cani, quindi il suo dolore non potrà appartenerci come avremmo voluto. Spara ruba e canta poi talvolta uccide senza remore perché tutti vorremmo dire che qualcuno di loro se lo sono meritato v. Joker. Ci sono momenti in cui sembra di assistere allo Spettacolo della Vita, con i cuori chiusi a plaudire e piangere per questo Sweet transex dimenticando, di colpo, tutto l'orrore che ha dovuto affrontare. Non è certo un film completamente riuscito ma non chiedetemi come riesce a seminare emozione e a turbarci
Bellissimo e commovente, non è tutto perfetto, ma su certe piccolezze ci si passa sopra. Ci sono alcuni passaggi frettolosi, qualche punto interrogativo, ma alla fine ci si alza dalla poltrona soddisfatti. E poi manda un messaggio importante di amore nei confronti degli animali. Forse il voto giusto sarebbe 7.5, ma esagero perché lo merita.
Uno dei film più belli degli ultimi anni. Per me un capolavoro. I suoi sorrisi malinconici,il suo respiro, il suo affanno,la sua stanchezza, il suo dolore ce li fa vivere tutti con la sua bravura. Una storia intensa,ricca di tante emozioni diverse. Lo consiglio senza ombra di dubbio.
Dogman di Besson è stato un film che ha diviso pubblico e critica. Certamente non è stato gradito dalla giuria sennò Caleb Landry Jones si sarebbe trovato fra le mani la Coppa Volpi. E' un film tipicamente bessoniano su un antieroe emarginato e che ha trovano nell'amore per i cani la speranza di vivere, con quell'animali che ha il solo difetto di fidarsi troppo dell'uomo. Un personaggio angariato da un padre ed un fratello villenti e bigotti e che usavano i cani per i combattimenti. Qualche punto in comune con il Joker di Philips c'è, nella sua natura di uomo totalmente avulso dal sociale, emarginato dalla famiglia e dall'handicap della sedia a rotelle, ma che non ha la follia del Joker. Douglas ispira più speranza, ha un carattere molto misurato ed un parlare estremamente forbito. Non siamo ai livelli di Leon, c'è qualche deriva cartonesca nei personaggi antagonisti maschili, come cartonesca è la parte finale, ma tutto sommato è un film che mi ha fatto divertire e che mi sono goduto con una regia ed un montaggio che evidenzia il profondo legame tra Douglas ed i suoi cani.