Ansa è single e vive a Helsinki. Lavora con un contratto a zero ore come scaffalista in un supermercato. Una notte incontra per caso l'altrettanto solitario lavoratore Holappa, con dei problemi d'alcolismo.
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Due anime sole in una Helsinki che potrebbe essere l'Ucraina.
La radio non fa che aggiornare sulla situazione della guerra in Ucraina che porta una depressione emotiva nella protagonista e anche verso lo spettatore.
Gesti semplici di vite da lavoratori sfruttati e sottopagati. Una scintilla d'amore potrebbe migliorare queste esistenze, poi qualche imprevisto, litigi, riconciliazioni.
Una storia delicata e raccontata con garbo in pieno stile Kaurismäki. Manca un po' di magia ma il risultato finale è piu' che buono.
Non c'è niente da fare, Kaurismäki è un mago nel confezionare film in sottrazione come questo, sospesi nel tempo e nello spazio ( senza le annotazioni d'attualità sulla guerra in Ucraina potrebbe benissimo essere un film ambientato negli anni '70 ) dove l'incontro di due solitudini genera una presa di coscienza personale profonda eppure apparentemente impercettibile. Opera di silenzi e di sospiri, di sottoproletariato sconfitto e di schegge di grottesco illuminante: non per tutti ma per chi apprezza è un piccolo gioiellino.
Echi di guerra (maledetta) solo alla radio come compagnia indesiderata in queste fortezze sgretolate della solitudine. Kaurismaki non ci concede nessuna concessione e la miseria della precarietà e della schiavitù indicibile schiaccia anche il romanticismo come un insetto fuori luogo, fra bollette da pagare, alcolismo, motel distrutti e spicci che non bastano, eppure che bastano sono due inquadrature, cielo sia ed esseri umani permettendo, per ripristinare un viaggio zoppicante verso la poesia. Il karaoke. Il pub che erige una da colonna sonora da disperati. Un piatto in più. Il cinema (fisico) come ritrovo d'uni/oni un grande tributo.
Lo stile c'è, la fotografia anche e gli attori sono perfetti nei ruoli. Un film malinconico, triste con finestre surreali. Peccato per la mancanza di originalità e forse di coraggio nella sceneggiatura.
Per Kaurismaki è un po' un ritorno al passato e ai suoi classici film dallo stile indipendente e dai colori pastellati, questo "Fallen Leaves", come molte sue pellicole narra una storia d'amore tra due soggetti problematici, una sorta di esclusi della società, le ultime ruote del carro, con Holappa, con gravi problemi di alcolismo che gli causeranno grossi guai a livello lavorativo e Ansa, tendenzialmente depressa e demotivata licenziata dal supermercato e costretta a fare un lavoro part time per sopravvivere, che non andrà neanche bene per cause esterne, due anime sole che si incontrano per casualità in una fredda notte in una Helsinki asettica, Kaurismaki mette in evidenza l'evidente incomunicabilità che si viene a creare, tra qualche malinteso, come la perdita del numero di telefono e i problemi che affliggono la convivenza della coppia, lo fa col suo solito stile con un buon umorismo di fondo che fa vedere il dramma da una prospettiva più ampia, quasi esistenzialista, senza dare un grosso peso al singolo evento drammatico, basti vedere i momenti al karaoke o le sequenze finali in ospedale in cui i dialoghi arrivano a sfiorare il grottesco senza però intralciare la poetica atmosfera della pellicola.
E poi c'è la componente visiva che è come al suo solito carinissima, con quei colori pop che predominano, quel blu notte così acceso, il rosso così intenso degli armadietti, delle giacche dei personaggi, il verde delle pareti, Kaurismaki si diverte con la scenografia e la fotografia, regala anche belle composizioni del quadro, quasi tutte statiche, con un montaggio basilare che alterna i piani a due e sembra quasi da fotoromanzo, solo ogni tanto ci concede qualche movimento di macchina per accresce il pathos, il risultato che ne viene fuori è un film dal forte sapore indipendente che in una situazione di dramma imprime una vena poetica e un ottimismo di fondo che lascia lo spettatore con sentimenti contrastanti.
Si, ok, non aggiunge nula di particolarmente nuovo o innovativo, è una storia di gente comune (anzi, più che comune, quasi ai margini della società) fatta di solitudini, disperazione, di
una coppia, che, faticosamente, tra alcol, depressione, problemi di lavoro, problemi di comunicazione, cerca di affrontare insieme la vita animata da un interesse reciproco che appare sincero e spontaneo
e sullo sfondo lo spettro della guerra. Colpisce per la semplicità che richiama certo cinema degli anni '80/'90, i toni retrò ritornano anche in alcuni oggetti (le radio anni '50-'60) ed arredi, inseriti in una realtà moderna (come il forno a microonde) ma decadente. Soprattutto però, la storia è raccontata con garbo ed una grande eleganza: esempio di come fare del buon cinema con una manciata di spiccioli.
Kaurismaki insiste molto sulle notizie della guerra in Ucraina, come un incubo che incombe intorno alla realtà grigia degli esclusi dal benessere finlandese, dove impera l'alcolismo e la bizzaria di comportamenti assurdi (ma non solo in Finlandia penso) in cui una dipendente può essere licenziata se porta via del cibo scaduto al supermercato. I due personaggi vivono queste realtà misere e malinconiche, alcolizzato lui e depressa lei, ma allo stessso tempo quasi consapevoli che questo loro rapporto, tra i vari tira e molla della loro storia è l'unico arpiglio o spiraglio per un'esistenza migliore. Un Kaurismaki che torna al cinema anni 80 e 90, spinto forse da un'esigenza di recuperare quello spirito che ben si adegua alle bizzarrie della società contemporanea.
Spiacente, ma il mio amatissimo Kaurismaki stavolta non mi ha preso. È tutto già visto tutto già sentito (musica-lagna anacronistica compresa, con i Karaoke che sembrano funerali!),praticamente un remake del bellissimo (molto più bello "Le luci della sera" e vi difatti c'è la riproposizione della Patetica di Tchaikovsky, un cameo dello stesso Kauri spettatore che paragona un film di zombie a Robert Bresson. Due vite in gioco ma sembra avvitarsi in se stesso. Mi sorprende che abbia ricevuto premi uno dei suoi film meno riusciti. Rigor mortis emotivo che ormai conosciamo a manetta, ma mi manca la sua antica ironia la dissacrazione. Notizie dal fronte Russo e sfruttamento sul lavoro. Sottovoce, mica Ken Loach. Insomma ha fatto almeno dieci film migliori di questo
Bel film sull'incomunicabilità emotiva, in cui con poche battute si tratteggiano le personalità di due sconfitti che però non vogliono arrendersi, e passando dai propri errori trovano, alla fine,
la forza di andare avanti assieme, in modo molto tenere anche se surreale.
Ogni inquadratura, caratterizzata da un certo staticismo, è un piccolo quadro di desolazione proletaria, ma l'atmosfera complessiva è carica di una certa quiete, attraversata di tanto in tanto da un umorismo spiazzante. Molto bravi gli attori, con le facce perfette, in effetti, per un film di Kaurismaki.
Solitudini che si incontrano nella Helsinki delle case con i muri scostrati, gli alloggi nei container, le bollette troppo alte e l'alcol nascosto qui e lì ad alleviare le difficoltà della vita. Un film di piccole e minime cose, di gesti e imprudenze (il numero che vola via) di sentimenti dichiarati ma che si fa fatica a vivere del tutto. Un'elegia dell'amore povero e sconclusionato, con messe in quadro che hanno nei colori tenui della fotografia una loro forza scenica e un minimalismo dialogico che a volte scade nell'autocompiacimento.
É bello che Kaurismaki resti se stesso, e che facendo sempre lo stesso film ci regali la sua poesia. Kaurismaki ha inventato un inimitabile modo di fare cinema, apparentemente di una semplicità disarmante, ma sempre così perfetto, al quale non c'è nulla da togliere e nulla da aggiungere. Anche questa volta racconta la storia semplice di due persone, di sue solitudini, in un contesto di solitudini, dove però a ben guardare, ad avere la pazienza di posare lo sguardo, c'è tanta umanità. É bello sapere che Kaurismaki c'è ancora ed è sempre lo stesso.
Due solitudini che si incontrano restando solitudini, due disagi che cercano di condividere il proprio disagio. Con maestria Kaurismaki riesce a portare lo spettatore nel suo mondo nel quale ognuno pensa al proprio quotidiano e nel quale non c'è spazio per l'umanità e la compassione. I suoi personaggi estremamente asettici e senza anima in realtà sono portatori di sentimenti ma con un disarmante distacco.