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Girato in uno dei primissimi procedimenti a colori, assimila l'eredità dell'espressionismo tedesco che è evidente nella messa in scena e nelle scenografie, per questa che è la prima trasposizione cinematografica di un racconto gotico di classica suggestione. Regia e montaggio sono dinamici, Atwill è accurato e la Way, incantevole come al solito, viene chiamata esclusivamente per lo sguardo terrorizzato e gli urli sconvolti. Non mancano dosi di commedia dovute alla giornalista interpretata dalla Farrell, mentre a venire meno sono i caratteri di personaggi poco elaborati, che vengono schiacciati da una sceneggiatura troppo veloce.
Come pellicola horror è molto valida e per il successo delle atmosfere giocano un ruolo fondamentale le belle scenografie presenti ed il suggestivo technicolor bicromatico allora in uso; i ripetuti inserti comici nella redazione del giornale, che hanno la pretesa di sfociare in situazioni da screwball comedy, finale compreso, sono però fuori luogo ed anche pesanti da sopportare. Un vero peccato, con un mix meno sbilanciato sul versante comico sarebbe stato un film da ricordare.
Film a colori del 33, non annoia e scorre via veloce. Inusuale per quei tempi avere come protagonista una donna. Non vedo l'ora di vedere quello con protagonista Vincent Price
Un horror sicuramente originale per l'epoca, e non è invecchiato male. Più che l'orrore, è presente un'ironia molto preponderante (basta vedere la giornalista avida di scoop e le battute sull'amore guidato dal portafogli!). Peccato però per il senso di "fretta" in tutta la pellicola che non ho fatto a meno di notare… come se il regista non vedeva l'ora di arrivare alla fine. Il remake con Vincent Price fatto vent'anni dopo l'ha ripreso quasi alla lettera: non che ce ne fosse stato il bisogno, comunque sono validi tutti e due.
Non mi ha coinvolto moltissimo questo "Mistery of wax museum",pensavo meglio.Il colpo di scena finale è la parte migliore del film a mio avviso.notevole l'uso del colore che raramente nei venti anni successivi fu impiegato così bene soprattutto per l'uso di scenografie suggestive.
Ottime scenografie e buone le recitazioni degli attori. Film in cui muove i primi passi la "technicolor". Nel complesso un film eccellente, sicuramente il migliore che sia stato fatto riguardo a "La maschera di cera".
I film con i musei delle cere a far da cornice alla pellicola m'hanno sempre affascinato parecchio e finalmente oggi ho visto con piacere questo che è il primo e l'originale. Che dire l'atmosfera che si respira è veramente intrigante..tutte quelle statue che in realtà sono cadaveri con della cera colata sopra sono allo stesso tempo inquietanti ed affascinanti..la storia inoltre è veramente interessante. Dopo aver visto l'ottimo remake di Toth del '53 ("La maschera di cera") col grande Vincent Price e il successivo degli anni 2000 (che però si discosta quasi completamente da questo) non potevo non visionare questa pellicola che merita sicuramente di esser vista e riscoperta.
Negli anni degli Horror classici alla James Whale, la Walner lanciò il primo "La maschera di cera", una storia intramontabile e molte volte ripresa nei decenni successivi. A dirigere Michael Curtiz, per una prova tutta europea, sotto la pioggia opprimente di Londra nella prima magnifica sequenza. In effetti si stenta a credere che il regista sia lo stesso dei classici avventurosi con Errol Flyinn e Olivia de Havilland degli anni '30 , per non parlare poi di "Casablanca", anche se poi il persnaggio della cinica protagonista non si discosta poi molto da quello di Bogart.
Un remake degli anni '50 di Andrè de Toth con Vincent Price, e un horror slasher + recente (di un paio di anni fa) con lo stesso titolo che si ispira solo lontanamente al film di Curtiz. Ma comunque l'originale, grazie alla sua semplicità e al tecnicholor (siamo nel 33!!!) , si vede ancora con molto piacere.