la morte in diretta regia di Bertrand Tavernier Francia, Gran Bretagna, Germania 1980
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la morte in diretta (1980)

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locandina del film LA MORTE IN DIRETTA

Titolo Originale: LA MORT EN DIRECT

RegiaBertrand Tavernier

InterpretiHarvey Keitel, Romy Schneider, Harry Dean Stanton, Robbie Coltrane, Thérèse Liotard, Max von Sydow

Durata: h 2.00
NazionalitàFrancia, Gran Bretagna, Germania 1980
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1980

•  Altri film di Bertrand Tavernier

Trama del film La morte in diretta

Donna condannata (apparentemente) da un male incurabile è braccata da un uomo che ha una microtelecamera nel cervello e che trasmette quel che vede a una rete televisiva. L'amore complica le cose.

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Voto Visitatori:   7,68 / 10 (11 voti)7,68Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su La morte in diretta, 11 opinioni inserite

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Oskarsson88  @  11/05/2021 10:07:46
   7 / 10
In un mondo distopico, non chiaro se presente futuro, arriviamo alla mercificazione e spettacolarizzazione della morte in diretta televisiva. Idea geniale, rappresentazione che a tratti si ingolfa un po'. Comunque interessante da vedere almeno una volta.

7219415  @  11/05/2021 00:29:48
   6½ / 10
Carina l'idea ma mi ha annoiato

DogDayAfternoon  @  13/07/2017 13:26:23
   6½ / 10
Seconda volta a distanza di anni che prendo in mano questo film, ma ancora una volta non è scattata la scintilla. L'ho trovato un film troppo altalenante, alterna momenti di interessante introspezione e coinvolgimento ad altri di totale piattezza che allungano inutilmente (o la fanno sembrare più lunga di quel che è) la pellicola.

L'idea è buonissima, ma non è sfruttata al 100%. Un po' al di sotto delle aspettative.

Grande Keitel, soprattutto nell'ultima parte.

Jumpy  @  16/04/2012 01:00:43
   8 / 10
Qualche lieve discontinuità nella trama e troppo lenti alcuni passaggi.
Son però le uniche imperfezioni in questo filmone che, nonostante abbia oltre 30 anni, shocka e fa riflettere per l'incisività e la potenza del messaggio che trasmette. Il regista, con occhio forse troppo asettico (televisivo... appunto) riporta emozioni, dolori, disillusioni, rabbia,trascinando lo spettatore in un crescendo (anche musicale) fino al finale, ben bilanciato tra il didascalico ed il teatrale e che lascia intuire alcune risposte soltanto tra le righe.
Il film ha poi offerto un mare di spunti per tutto il filone del genere a seguire.
Grandiose le interpretazioni dei due protagonisti.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  11/07/2011 17:45:48
   7 / 10
Anche a mente fredda La morte in diretta mi dà delle sensazioni piuttosto contrastanti. Da un punto di vista soggettivo l'asetticità dello sguardo di Tavernier per quasi tutto il film mi è risultato eccessivo, rendendo il film troppo lento per i miei gusti, anche se proprio tale asetticità mi sembra la giusta scelta per evidenziare quel senso amorale dei media che speculano sulle disgrazie altrui.
D'altra parte il finale non mi ha convinto proprio perchè diventa eccessivamente melodrammatico. Senza dubbio lo spunto di base è favoloso, come pure la regia di Tavernier e la fotografia decadente e grigia sempre attenta nel far vedere case diroccate ed edifici in sfacelo, segno di una decadenza morale avanzante.

WongKarWai  @  22/06/2011 23:46:35
   9 / 10
Tristemente profetico. A quel tempo si sarà parlato di futuro distopico, oggi si può parlare tranquillamente di realtà, di presente. In una società dove il problema delle malattie è stato quasi del tutto risolto, tanto da far diventare un malato terminale un caso mediatico, fanno da contraltare l'avidità, la violenza, l'arretratezza culturale. Si tratta di una società annoiata, che non è più in grado di stupirsi, di indignarsi, che per emozionarsi ha bisogno di scendere nella perversione, nel voyeurismo senza morale. Laddove la realtà diventa finzione, la finzione diventa realtà, dove nemmeno la nudità e il sesso riescono più a stupire, si arriva a mostrare il tabù per eccellenza: la morte stessa. Unico comandamento a cui rispondere: l'indice d'ascolto. Vi ricorda niente un mondo simile? La regia eccelsa, con movimenti di macchina sontuosi, rende il film classificabile come capolavoro.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Angel Heart  @  17/02/2011 17:36:41
   7½ / 10
Inutile dilungarsi più di tanto sul messaggio, la critica e la genialità dimostrata dal regista Tavernier con questo film: con trent'anni di anticipo era riuscito ottimamente a dipingere il mondo avido e cinico dei mass media (gli ascolti prima di tutto) e dei reality show come lo conosciamo oggi (non siamo ancora arrivati a spettacolarizzare sull'autentica morte in diretta, ma se andiamo avanti così, visto il nostro bisogno di apparire e di vedere, davvero poco ci manca). Davvero, ci si potrebbe scrivere intere enciclopedie ed aprire innumerevoli dibattiti al riguardo (io stesso avrei papiri da scrivere sull'argomento). Perciò passo direttamente al film e alle sue componenti tecniche. Poco da dire: una grande e triste storia splendidamente fotografata da Pierre-William Glenn e abilmente narrata da regista e attori (tutti eccellenti, con ovvia menzione speciale per le "vittime" Schneider e Keitel, e per il freddo creatore del grande fratello Stanton). Solo qualche lungaggine di troppo nella parte centrale ed un finale soddisfacente solo in parte.
Nonostante questo, il livello di interesse nello spettatore (queste parole, in questo specifico caso, mettono un pò i brividi) rimane alto per tutta la durata (basti pensare alla sconvolgente scena in cui la Schneider, durante un colloquio con Stanton, si finge agonizzante di dolore al che Stanton, quasi indifferente, fa chiamare un dottore e "una troupe per girare").
Straziante, riflessivo e, quel che è peggio, di un'attualità quasi angosciante.
Da recuperare.

Nota: molte delle tematiche affrontate qui verrano poi riprese nell'ottimo film di Weir "The Truman Show" (a mio parere, migliore dell'opera di Tavernier).

3 risposte al commento
Ultima risposta 18/02/2011 01.00.36
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  26/01/2011 03:32:26
   7 / 10
Un assai bizzarro ibrido tra il Truffaut fantascientifico di "Farenheit 491", le ossessioni cronemberghiane per la commistione uomo-macchina (e in questo caso penso in particolare a "Videodrome"), e "Blade runner" (che gli sceneggiatori di quest'ultimo abbiano tratto spunto da questo film in certi accenni del rapporto tra Deckard e Rachael?).
Un film che di certo ha lasciato molte influenze ed è in credito con la storia del cinema.

Ma soprattutto, questa raggelata (e agghiacciante) distopia è terribilmente profetica, forse persino più di "Videodrome". Se infatti il film di Cronenberg si spinge oltre i limiti del possibile, visionario e allegorico; invece "La morte in diretta", visto oggi, sembra quasi la realtà. E fa impressione per questo.
Davvero da riscoprire.

6 risposte al commento
Ultima risposta 27/01/2011 02.07.27
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Gruppo REDAZIONE maremare  @  12/05/2010 02:01:27
   9 / 10
Capolavoro di Tavernier.
Profetico.

Gruppo COLLABORATORI atticus  @  17/04/2010 00:47:49
   9 / 10
Una disperata e raggelante accusa alla crudele invasività del potere massmediatico e sul cinismo della spettacolarizzazione del dolore, in cui rientra anche una non banale riflessione sull'ormai sottile confine che separa l'uomo e la tecnologia.
Un film in anticipo sui tempi, dallo spessore umano assolutamente straordinario, diretto con vigore e grande forza drammatica da un Tavernier al massimo livello. Molto bravo Keitel ma immensa l'interpretazione di una Schneider intensissima e dall'imbarazzante bellezza, che purtroppo morirà poco dopo.
Un capolavoro premonitore di tanta nociva malvagità televisiva, ingiustamente caduto nel dimenticatoio.

Vedi recensione

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  17/10/2009 22:25:17
   8 / 10
Uno dei capolavori di Tavernier, divenuto tristemente profetico proprio per la triste sorte (il cinema che supera la realtà o il contrario) di Romy Schneider, morta pochi anni proprio di un male incurabile.
Lo spunto potrebbe ricordare vagamente "La conversazione" di Coppola, ma è anche una metafora straziante sull'abuso dei media e sullo sfruttamento del dolore altrui.
Da riscoprire assolutamente

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